"Ha fatto tutto il possibile". L'ambasciatrice Usa a Kiev si dimette dopo le pressioni di Trump

La diplomatica, che ha rappresentanto gli Usa a Kiev a partire dal 2022, era uscita anche dalle grazie del presidente ucraino Zelensky

L'ambasciatrice Usa a Kiev Bridget Brink e l'inviato speciale Usa per l'Ucraina Keith Kellogg (Fonte: Bridget Brink/X)
L'ambasciatrice Usa a Kiev Bridget Brink e l'inviato speciale Usa per l'Ucraina Keith Kellogg (Fonte: Bridget Brink/X)
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L’ambasciatrice americana in Ucraina Bridget Brink ha resistito sinché ha potuto. Arrivata nella sede diplomatica degli Stati Uniti a Kiev nel maggio del 2022, appena tre mesi dopo l’inizio della guerra d’aggressione russa, Brink non è infatti sopravvissuta al cambio di amministrazione (e di linea politica sul conflitto) alla Casa Bianca e questa settimana ha rassegnato le dimissioni dall'incarico. Troppo forti, riferiscono fonti ben informate a diversi media, le pressioni esercitate dal presidente Usa Donald Trump sulla rappresentante statunitense che in passato ha prestato servizio in Slovacchia e ricoperto incarichi di alto rilievo all’interno del consiglio per la Sicurezza nazionale.

Dopo l’ufficializzazione delle dimissioni, una portavoce del dipartimento di Stato guidato da Marco Rubio ha reso omaggio alla feluca per la sua “performance straordinaria” agurandole "ogni bene". Parole che celano a malapena le numerose incomprensioni che hanno caratterizzato nelle ultime settimane i rapporti tra Washington e la sua inviata a Kiev. Peraltro, in parallelo, la strategia per la conclusione della guerra voluta da Trump, opposta a quella del suo predecessore, ha contribuito a mandare in crisi le relazioni tra Brink e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Un ex funzionario anonimo di Kiev con una “visione positiva” dell’ex ambasciatrice, ha rivelato alla Cnn che Brink “sentiva di non poter più fare ciò che riteneva giusto sotto la nuova amministrazione”. "È stata una sostenitrice sistematica dell’Ucraina durante i suoi tre anni (a Kiev)”, ha dichiarato inoltre la fonte dell’emittente Usa aggiungendo che “ha fatto tutto quello che la sua posizione le permetteva di fare per il successo dell’Ucraina. I suoi princìpi non le avrebbero permesso di fare il contrario”.

Secondo la gola profonda, la decisione presa dalla diplomatica, che per tre anni ha vissuto in un Paese in guerra e lontana dalla sua famiglia supportando le autorità locali, sarebbe stata “attentamente ponderata” e non "emotiva”. Gli ambasciatori occidentali che hanno lavorato assieme a Brink la descrivono come una donna “dura come l’acciaio, a volte quasi una macchina, ma con un coinvolgimento autentico e una vera passione”.

La rappresentante statunitense ha mantenuto un profilo visibile sia sul campo che sui social documentando i suoi impegni volti a sostenere il governo di Zelensky. Almeno un paio dei suoi post pubblicati dopo la rielezione di Trump, che nel frattempo ha capovolto la politica seguita dal suo predecessore arrivando persino a sospendere la condivisione di informazioni di intelligence con l’alleato, hanno però generato a Kiev pesanti critiche nei confronti dell’ambasciatrice. Il primo è stato un retweet di un messaggio di supporto al tycoon postato dal segretario di Stato Usa poche ore dopo lo scontro senza precedenti nello Studio Ovale tra il leader americano e il suo omologo ucraino.

Il secondo messaggio ha riguardato un commento su un attacco russo a Kryvyi Rih che la scorsa settimana ha fatto 16 morti e oltre 50 feriti. Riferendosi a tale post in cui la Russia non viene citata esplicitamente, il presidente ucraino ha dichiarato: ”un Paese così forte, un popolo così forte e una reazione così debole. Hanno persino paura di usare la parola 'russo' quando parlano del missile che ha ucciso dei bambini”.

"Faceva parte del sistema. Doveva farlo”, ha detto il funzionario ucraino solidale con l’ambasciatrice. Il dipartimento di Stato ha smentito l’insinuazione che Brink abbia ricevuto l’ordine dall'alto di ridurre i riferimenti pubblici a Mosca. Il Financial Times ha confermato le pressioni esercitate sulla diplomatica da "importanti esponenti dell'amministrazione Trump che dubitavano della sua volontà di sostenere la loro strategia sull'Ucraina". Il quotidiano britannico ha sottolineato inoltre che le dimissioni sarebbero state legate anche "al deterioramento del suo rapporto di lavoro con il presidente ucraino sebbene questo non sia stato il motivo della decisione".

In effetti, la fiducia di Zelensky nei confronti della rappresentante Usa si era incrinata già da tempo, cioè da quando, al tempo dell’amministrazione Biden, alcuni degli aiuti militari più decisivi erano stati concessi con estrema lentezza. Anche l'impegno di Brink a favore della lotta alla corruzione in Ucraina l’avrebbe resa impopolare.

Alla fine, sostiene Andy Hunder della Camera di commercio americana, l'inviata degli Stati Uniti avrebbe deciso di mollare in quanto esausta per le pressioni politiche di entrambi i governi con cui ha dovuto confrontarsi. Qualunque sia la ragione dietro queste dimissioni, Washington e Kiev appaiono sempre più lontane.

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