Harris o Trump? Cosa cambia per l'Unione Europea dopo le elezioni Usa

Mancano pochi giorni all'apertura delle urne negli Stati Uniti. Un'analisi per provare a valutare quali potrebbero essere le conseguenze della vittoria dei due candidati sui rapporti transatlantici

Harris o Trump? Cosa cambia per l'Unione Europea dopo le elezioni Usa

Le elezioni europee hanno preceduto quelle americane di circa cinque mesi. Se nel giugno scorso i dubbi sulla futura maggioranza UE si addensavano attorno alla solidità o meno di quest’ultima, adesso Bruxelles guardava anche a Washington con timore, in un momento molto complesso a livello internazionale.

La politica del disimpegno Usa: i timori di Bruxelles

Questa primavera, le istituzioni europee si preparavano al worst-case scenario americano, ossia la rielezione di Donald Trump e la conseguente battuta d’arresto delle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico. Come scrivevamo da queste colonne mesi fa, un'America trumpiana again è un'America isolazionista, che non si accontenterà del China second ma che esigerà l'America first. Si trattava, tuttavia, di previsioni fatte sulla base della corsa a due con lo scialbo Joe Biden. L’arrivo di Kamala Harris ha ribaltato previsioni e prospettive. La scelta isolazionista, prediligendo i dossier domestici, non rientra solo nei desiderata del Gop. Anche i democratici con Biden sono stati a loro modo "isolazionisti", se si pensa alle sfide che il Paese ha dovuto affrontare nell'immediato post-pandemia. La politica del disimpegno americano, tuttavia, era già iniziata nell’era Obama, anche se con Trump ha assunto contorni più definiti e autonomi.

Trump e l'Europa

Se da un lato l’amministrazione del tycoon ha ripreso la dottrina Monroe in chiave moderna, dall’altro ha puntato sul fianco orientale della NATO, privilegiando Paesi come Bulgaria e Romania. Questa strategia mirava, in sostanza, a responsabilizzare l’Europa nella propria sicurezza, preparandola al disimpegno progressivo degli Stati Uniti dal continente. La guerra in Ucraina ha certamente rimescolato le carte, ma le elezioni Usa potrebbero costringere l’Europa a fare un passo ulteriore: affrontare le sfide di sicurezza senza contare sul tradizionale ombrello atlantico, adottando soluzioni più autonome e durature. Quanto ai legami economici, Trump ha accusato l'UE di pratiche di mercato sleali. È probabile che in caso di rielezione possa accelerare sui dazi all'UE, contesti le norme digitali e sulla privacy del blocco e privilegi i legami bilaterali con i singoli Stati membri rispetto alle relazioni con le istituzioni dell'UE, ma soprattutto potrebbe fomentare gli euroscettici nello sfidare Bruxelles.

Trump ha più volte espresso una visione dell’UE come rivale economico, piuttosto che come partner strategico, criticando le politiche commerciali europee e accusando Bruxelles di imporre agli Stati Uniti un commercio “ingiusto”. Al centro delle critiche, il surplus commerciale europeo, considerato da Trump uno dei principali elementi di squilibrio a sfavore degli Stati Uniti, al punto da spingerlo a minacciare dazi su prodotti chiave, come le automobili tedesche, giudicate dannose per l’industria americana. La sfiducia di Trump nei confronti delle istituzioni sovranazionali si è fatta sentire anche in ambito NATO: accusando diversi Paesi, soprattutto la Germania, di non investire abbastanza in Difesa, ha minacciato un ridimensionamento dell’impegno americano nell’alleanza se gli Stati europei non avessero incrementato le loro spese militari.

Il sostegno entusiasta di Trump alla Brexit ha aggiunto ulteriore tensione alla relazione con l’UE. Salutando la decisione britannica come un atto di riconquista della sovranità, Trump ha indicato che altri Paesi avrebbero dovuto seguire l’esempio del Regno Unito, criticando l’Unione Europea come un apparato elefantiaco e invasivo. I rapporti personali di Trump con alcuni leader europei, come il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel, non sono stati meno difficili, con forti divergenze su temi come il cambiamento climatico, il JCPOA e il ruolo stesso della NATO. In ambito tecnologico e fiscale, inoltre, Trump ha mostrato durezza verso le iniziative europee di tassare i colossi americani come Google, Amazon e Facebook, sostenendo che mirassero ingiustamente contro le aziende statunitensi.

Harris e l'Europa

Provare a tracciare delle ipotesi su un'eventuale presidenza Harris e i suoi rapporti con l'Europa è alquanto complesso. Non vi è un precedente mandato da analizzare, ma soprattutto, la candidata dem è sempre stata piuttosto fredda sull'argomento. Una presidenza Harris appare decisamente meno inquietante per l'Europa, avendo centrato la sua campagna sulle libertà individuali e sullo stato di diritto, creando un netto contrasto con le tendenze autoritarie di Trump e le sempre più restrittive posizioni del Gop sui diritti riproduttivi. In materia di politica estera, Harris predilige un approccio multilaterale, il che la rende un interlocutore rassicurante per i leader europei e il suo richiamo al rispetto di un ordine internazionale regolamentato risuona positivamente in seno all'Unione.

Harris promette una sostanziale continuità con la strategia di Biden, sia nel campo della sicurezza che in quello commerciale. Tuttavia, ha fatto trapelare alcune differenze significative: in particolare, ha mostrato riluttanza ad abbracciare la visione di Biden che descrive la politica internazionale come una competizione tra autocrazie e democrazie, evitando di costringere i Paesi a scegliere da quale parte schierarsi. Come il suo predecessore, sostiene la convinzione che l'Unione Europea rappresenti un partner cruciale non solo in ambito commerciale ma anche strategico e politico. Questo si è tradotto in un'apertura verso un dialogo coordinato su temi globali come il cambiamento climatico, la sicurezza cibernetica, la salute pubblica e la difesa dei diritti umani. Sia Harris che Biden hanno mostrato interesse a riallacciare la collaborazione con l'UE dopo il periodo di tensioni e disimpegno dell'era Trump, sottolineando la necessità di presentare un fronte unito su questioni come il clima, la rivalità con la Cina, la stabilità delle economie globali e le sfide poste dalla Russia.

In quest’ottica, la vicepresidente ha espresso più volte il suo impegno a lavorare con i Paesi europei per raggiungere obiettivi comuni in termini di riduzione delle emissioni e transizione ecologica, in linea con l’ambiziosa agenda climatica europea. In tema di tecnologia, l’approccio di Harris si distingue per una maggiore apertura al dialogo sulle regolamentazioni digitali e sulla tassazione delle grandi aziende tecnologiche, un tema che in passato aveva creato tensioni. Pur volendo proteggere gli interessi delle imprese americane, l’amministrazione Biden-Harris si è mostrata più disposta a esplorare compromessi che rispettino le normative digitali europee e rafforzino la cooperazione sul fronte della sicurezza cibernetica e della gestione dei dati.

L'Europa e le elezioni Usa

"Eleggendo Trump l'America spezzera i cuori dei suoi più stretti alleati", titolava un editoriale sul Washington Post alcuni giorni fa. Tuttavia, non esistono prove empiriche che con Harris le cose potrebbero andare meglio. Certamente, l'elezione di quest'ultima verrebbe vista come un segnale di continuità che potrebbe rasserenare l'Unione e i mercati. L'Europa,dunque, spera nel riavvicinamento senza precedenti, per questi tempi, tra la politica statunitense e quella europea.

Scoprire che i problemi europei non sono priorità statunitensi, segnerebbe immediatamente due minacce per la sicurezza europea: da un lato, il rischio di espandere il conflitto in Libano implica rischi di grande impatto sul vecchio continente, come la radicalizzazione violenta e i movimenti di rifugiati su larga scala; dall'altro, l'Europa senza Washington non riuscirà a sostenere a lungo l'Ucraina e la sua battaglia.

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