
Una repubblica tecnologica globale, un’intersezione tra intelligenza artificiale e politica inevitabile che porterà la razza umana in un territorio totalmente inesplorato. A spiegarlo in The Technological Republic - libro in arrivo a breve sul mercato anglosassone - è Alexander Karp (con l’aiuto di Nicholas W. Zamiska) uno dei maghetti dello sviluppo esponenziale delle deep learning architecture e dei loro utilizzi. Tanto per intenderci, Karp è il Ceo di Palantir, multinazionale di raccolta, utilizzo e sviluppo dei big data nata a Palo Alto nel 2003 per volontà di Peter Thiel, multimiliardario trumpiano fondatore di PayPal. Magari di Palantir avete sentito parlare meno di altre imprese di tecnologia ma è l’azienda di intelligenza artificiale che ha consentito, per molti versi, agli ucraini di riuscire a resistere ai russi, prendendoli spesso alla sprovvista. Per usare le stesse parole di Karp al World Forum dell’Aia (febbraio 2023): «Siamo responsabili della maggior parte degli attacchi che avvengono sul suolo ucraino». Tra gli altri clienti: la Cia, il Pentagono, vari servizi di intelligence, la Difesa degli Stati Uniti, del Regno Unito e di Israele.
Insomma Karp è indubbiamente una persona che sa esattamente di cosa parla e ha esplorato anche le potenzialità più inquietanti di queste tecnologie. La tesi del volume, anticipata da vari media e testate, è relativamente semplice per quanto non rassicurante. Karp non ha dubbi che l’analisi dei dati e l’intelligenza artificiale siano strumenti che stanno già operando una trasformazione profonda consentendo l’efficienza e la reattività dei governi. E questo in tutti i campi: dalla previsione delle crisi alla gestione delle risorse pubbliche passando per la succitata gestione dei campi di battaglia. Allora per Karp è praticamente inevitabile che i governi democratici ed occidentali facciano rapidamente rientrare queste risorse all’interno dei propri strumenti di governance. Ben venuti nella repubblica tecnologica. Anche perché neanche troppo sottotraccia, dalle anticipazioni del libro si capisce che governi come quello cinese, meno inclini a lacci e lacciuoli della democrazia, stanno andando dritti per quella strada con il rischio che ne traggano un vantaggio di intelligence e reazione ineguagliabile. Niente al di fuori del perimetro già tracciato negli anni Sessanta dal colonnello americano John Boyd, il Von Clausewitz del XX secolo. Nei conflitti di qualunque tipo, dall’economia alle guerre, si vince se il proprio ciclo di osservazione, decisione e azione è più rapido e preciso di quello del nemico. E l’intelligenza artificiale almeno sulla rapidità al momento cambia tutto...
Da questo punto di vista difficile trovare qualcosa da ridire sull’analisi di Karp (o delle intelligenze artificiali di cui dispone?). Però poi calando tutto nel mondo reale qualche problema è il caso di porselo se potenti strutture private, dotate di una tecnologia difficilmente analizzabile, si “fondono” con le strutture statali. Queste aziende avrebbero una posizione privilegiata nel modellare queste nuove repubbliche tecnologiche. Anzi il condizionale è un vezzo linguistico, ce l’hanno già in molti casi anche se ancora ce ne rendiamo poco conto. Se i cittadini faticano a percepire il contatto tra le scelte dei governi e il loro voto, figurarsi con l’intervento di processi decisionali deumanizzati. La minaccia globale esiste e molti Ceo della Silicon Valley lamentano la timidezza del governo americano nel dare alla loro nuova Atene tecnologica carta bianca. Figurarsi cosa pensano della timidezza europea e della fissazione del Vecchio continente per le regole. Il tutto ampliato dalla discesa in campo del nuovo sistema di intelligenza artificiale linguistica cinese DeepSeek, che minaccia la primazia dei modelli nati negli Usa che sarebbero molto più bulimici in termini di energia e processori sofisticati. Insomma vedere Elon Musk nello Studio Ovale con sulle spalle un bambino che ha per nome una sigla alfanumerica per loro è soltanto un buon inizio...
Però proviamo a fare un ragionamento molto umano e letterario. Cosa sarebbe un Palantir da cui ha preso il nome la società di Karp? Una sfera magica, del “Legendarium” inventato da J.R.R. Tolkien, legata ad altre sfere magiche che consente di vedere fatti lontani nello spazio e nel tempo.
Però queste sfere magiche: «Sono strumenti potenti ma pericolosi, poiché possono essere manipolati da individui con una forte volontà, come il signore oscuro Sauron, che li usa per ingannare e controllare gli altri». Questa risposta tra virgolette ce l’ha data un’intelligenza artificiale, le hanno cresciute leggendo. Magari ha ragione lei, anche estendendo la metafora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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