"Impianto atomico sulla Luna": cosa c'è dietro lo strano progetto di Cina e Russia

Sempre più evidenti le ambizioni spaziali della Cina. La Nasa di fronte ad un bivio

"Impianto atomico sulla Luna": cosa c'è dietro lo strano progetto di Cina e Russia
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La relazione tra Cina e Russia, definita “senza limiti” dagli stessi rappresentanti dei due Paesi alla vigilia dell’inizio dell’operazione militare speciale in Ucraina, sconfina nello spazio. Stando a quanto dichiarato questa settimana nel corso di una conferenza da Wu Weiren, capo progettista della missione lunare cinese, Pechino sta considerando di costruire un impianto nucleare sul nostro satellite per fornire energia alla stazione di ricerca lunare internazionale (Ilrs): una struttura che le autorità del Paese del dragone stanno pianificando di realizzare assieme a quelle della Federazione.

Una questione importante per l’Ilrs è l’alimentazione energetica”, ha detto Wu Weiren precisando che nel campo degli impianti nucleari “la Russia ha un vantaggio naturale” ed è avanti agli Stati Uniti. “Spero che questa volta entrambi i Paesi possano mandare un reattore sulla Luna”, ha proseguito Wu alludendo agli scarsi progressi sull’argomento registrati in passato. Pei Zhaoyu, il capo ingegnere della missione che nel 2028 aprirà la strada alla costruzione di una base permanente nei pressi del polo meridionale della Luna, ha aggiunto che l’avamposto potrebbe ricevere energia anche da “grandi pannelli solari e condutture e cavi per il riscaldamento e per l’elettricità costruiti sulla superficie lunare”.

Già nel 2024 i responsabili dell’agenzia spaziale russa Roscosmos avevano fatto sapere di voler realizzare entro il 2035 un reattore nucleare sulla Luna assieme ai colleghi dell'omologo ente cinese (Cnsa). Sino alla conferma appena arrivata da parte degli scienziati della Repubblica Popolare, da Pechino non erano arrivati annunci formali su tale progetto.

Lo scorso anno Wu ha dichiarato che “un modello base” dell’avamposto lunare dovrebbe essere costruito entro la metà del prossimo decennio. Lo sbarco di astronauti cinesi sulla Luna è invece previsto entro il 2030. Un obiettivo che chiarisce le ambizioni spaziali sempre più evidenti del gigante asiatico.

Il capo progettista della missione lunare cinese ha rilasciato un’intervista all’agenzia Reuters in cui ha accusato gli Stati Uniti di “interferire nei tentativi di Pechino di cooperare con l’Europa e altri partner stranieri nei programmi spaziali”. Nello specifico, Wu ha detto che 17 Paesi e organizzazioni internazionali hanno aderito come membri al progetto dell’Ilrs e ha ammesso che la Cina non è riuscita ad attrarre tanti Paesi quanto gli Usa con i loro accordi Artemis (che hanno raccolto più di una cinquantina di adesioni) a causa dell’“interferenza” di Washington.

Ma come risponde l’America alla sfida cinese? A causa di problemi tecnici e rallentamenti anche determinati dal cambio di amministrazione alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno posticipato il ritorno sulla Luna dal 2026 alla metà del 2027. Nonostante l’influenza esercitata su Trump dall’imprenditore Elon Musk che sogna di raggiungere Marte, Jared Isaacman, il nuovo responsabile della Nasa nominato dal tycoon, ha comunque annunciato di voler dare la priorità alla missione lunare.

D’altra parte, fu lo stesso Trump durante il suo primo mandato a stabilire come obiettivo della sua presidenza il ritorno sul nostro satellite. The Donald, però, il giorno del suo secondo insediamento ha pronunciato un discorso in cui ha rilanciato la missione dell’uomo su Marte. Dietro i cambi di pensiero del commander in chief si consuma una sfida geopolitica tra superpotenze.

A riassumere cosa ci sia in ballo ci ha pensato il senatore repubblicano Ted Cruz, il quale ha affermato che “un cambiamento radicale delle priorità in questa fase significherebbe quasi certamente una luna rossa, cedendo terreno alla Cina per le generazioni future”.

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