L'eterno ritorno di Nigel Farage

Mr Brexit entra in Parlamento dopo sette tentativi falliti: ha cercato di erodere voti a destra e sinistra

L'eterno ritorno di Nigel Farage
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Non aveva nessuna intenzione di stare al balcone a guardare i conservatori stracciati dai laburisti Nigel Farage. Dopo sette precedenti tentativi (falliti) di diventare deputato, aveva, infatti, dichiarato di volersi candidare per il partito anti-immigrazione Reform UK alle elezioni generali del Regno Unito. Rappresenterà il seggio di Clacton, nell'Essex, nella Camera dei comuni dopo aver vinto con una maggioranza di quasi 10.000 voti. Farage ha ottenuto 21.225 voti, sottraendo il seggio ai conservatori, arrivati secondi con 12.820 voti. Commentando il risultato, ha affermato: "Penso che ciò che Reform Uk ha realizzato in poche settimane sia davvero straordinario".

Farage e la ricerca di un posto in Parlamento

Per distinguersi dagli altri concorrenti, ha scelto di non presentarsi ai seggi: ha optato, infatti, per il voto per corrispondenza, facendosi immortalare dalla Bbc, che ha postato due foto di Farage nel giorno del voto: in una consulta il suo smartphone mentre è seduto, nell'altra gira per la città. Ha ottenuto il suo primo parlamentare quest'anno, quando l'ex vicepresidente del partito conservatore Lee Anderson ha disertato in favore del partito riformista.

Per quasi trent'anni Farage è stato il volto dell'euroscetticismo in Europa, diventando uno dei campioni della Brexit alla guida dell'Ukip prima e poi del Brexit Party. Il 60enne leader populista, intimo amico di quel Donald Trump che lo voleva ambasciatore a Washington, vuole riformare il Paese abbassando drasticamente le tasse, sollevando a 100mila sterline la soglia minima per la tassazione delle imprese, a 20mila per i redditi individuali, abolendo la tassa di successione sotto i due milioni di sterline e in generale tutte le "non necessarie regolamentazioni".

La "rivolta politica" di Farage

Dopo aver inizialmente escluso di candidarsi, circa un mese fa, Farage aveva annunciato il suo ritorno in campo, dal seggio di Clacton, nel sud-est dell'Inghilterra, roccaforte Brexit. La scelta era stata giustificata con il rifuto di "deludere milioni di persone", ovvero gli elettori che lo hanno sostenuto nelle precedenti elezioni e referendum. Una notizia che aveva fatto tremare i polsi ai moribondi conservatori di Sunak, a rischio emorragia di voti a destra. "Credo davvero che possiamo ottenere più voti del partito conservatore. Sono sull'orlo del collasso totale", aveva ammesso sornione e sprezzante il leader euroscettico. Ma la promessa era anche quella di rubare voti ai laburisti, candidati a una vittoria storica.

Aveva annunciato una "rivoluzione" , o meglio, una "rivolta politica" contro lo status quo in un Paese in cui non funzionerebbe più nulla e in progressivo declino. Da semplice provocazione, la nuova discesa in campo di Farage aveva incontrato un tasso di gradimento di circa l'11%, in grado di mettere i bastoni fra le ruote ai conservatori in seggi chiave. Non un alternativa ai conservatori, dunque, ma l'opposizione dei laburisti, esercitando quella pressione politica populista che lo aveva fatto balzare agli onori della cronaca politica.

Il programma di Farage

Secondo punto del suo programma è dichiarare guerra a criminalità (aumentando il numero dei poliziotti, realizzando altri 10mila posti nei penitenziari ed abolendo tutte le regole considerate che limitano, a detta di Farage, l'azione della polizia) e, soprattutto, all'immigrazione. In appena un mese, il partito di Farage è costantemente salito, arrivando a metà giugno a quota 19% e facendo precipitare i Tories al terzo posto.

Caposaldo del suo programma elettorale è il congelamento dell'ingresso dei migranti non essenziali, la deportazione immediata di quelli con pendenze penali e il blocco dei barchini sulla Manica.

In materia di politica estera propone un taglio del 50% degli aiuti allo sviluppo, l'uscita di Londra dalla Convenzione europea dei diritti umani, oltre che l'abolizione del Windsor Framework, il protocollo firmato nel 2023 per risolvere il problema delle barriere commerciali tra Irlanda del Nord, Gran Bretagna e Ue.

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