Medio Oriente e guerra in Ucraina: è gara tra Erdogan e Xi per il ruolo di ago della bilancia

I due leader ora vogliono intestarsi un primato in un ruolo a cui sembrano anelare nelle stesse settimane: quello che segnerà la svolta in Ucraina e in Medio Oriente

Medio Oriente e guerra in Ucraina: è gara tra Erdogan e Xi per il ruolo di ago della bilancia

Una poltrona per due sarebbe la citazione cinematografica corretta per descrivere le ambizioni che in questo momento Cina e Turchia stanno coltivando nello scacchiere internazionale.

Due anni fa, i tentativi di Xi in Ucraina. Poi il nulla

Tutto era cominciato due anni fa quando, a pochi giorni dallo scoppio della guerra in Ucraina, Cina e Stati Uniti sembrarono inaugurare un binario parallelo rispetto ai due belligeranti. Ne era stata una prova l'incontro a Roma tra Jake Sullivan e Yang Jiechi, mentre le delegazioni russa e ucraina seguitavano a incontrarsi spasmodicamente senza cavare un ragno dal buco. In quell'occasione vennero mandati avanti due personaggi affatto casuali: Sullivan, enfant prodige a stelle e strisce caduto in disgrazia dopo la fuga da Kabul, sebbene falco dichiarato con la Cina. Dall’altra parte Yang, ex ambasciatore cinese negli Stati Uniti ed ex ministro degli Esteri, la "tigre", genio delle "ricuciture" politiche. Un incontro che fece sperare in una risoluzione rapida del conflitto in nome di un "pace cinese" benedetta dalla Via della Seta. Non funzionò.

Anzi, in questi due anni, Xi Jinping non ha fatto altro che manifestare l'assenza di interesse da parte di Pechino per un ruolo diplomatico che mal si addice alla Cina, almeno per tradizione. In più occasioni, infatti, Xi non aveva fatto mistero di non essere in grado di esercitare alcuna influenza su Vladimir Putin, come invece numerose potenze occidentali erano pronte a credere; lo stesso presidente cinese lo avrebbe ribadito alla premier Meloni in quel di Bali, quasi a mettere la pietra tombale sulle speranze occidentali nei confronti del Dragone tirato per la giacchetta. Speranze che si riaccesero in occasione del Xi show al vertice Sco dello scorso anno, che mostrò in Oriente un Putin nel ruolo di "utile idiota" di Xi, e non il contrario.

Erdogan al post di Xi nella mediazione tra Ucraina e Russia

Fallite le speranze cinesi, restava il Bosforo come quartier generale di quei pesi e contrappesi tra Oriente e Nato. Fu così che uno come Recep Erdogan, pecora nera nella Nato per quel peccatuccio degli S-400 e per le sfuriate antieuropeiste, era tornato a essere il potenziale ago della bilancia nell'intricata vicenda della guerra in Ucraina. Tanto da invitare a corte sia l'amico Putin che Volodymyr Zelensky, sebbene in momenti diversi. Tanto da potersi permettere di riapparire come il paziente tessitore della mediazione tra Russia e Ucraina. Non solo, il presidente turco si era reinventato pacifista, annunciando di voler dedicare il suo mandato alla creazione di una “cintura di sicurezza e pace” intorno alla Turchia, “dall’Europa al Mar Nero, dal Caucaso al Medio Oriente, al Nord Africa”. E, in effetti, il "dittatore di cui abbiamo bisogno" fece perfino dimenticare alle burocrazie del mondo intero il vizio di democrazia e di laicità degli ultimi vent’anni, all'indomani della sua rielezione. Il sultano si era perfino sbilanciato in favore di Kiev, con la mossa sui prigionieri dell'Azovstal e il suo placet all'Ucraina della Nato. Una scelta che il Machiavelli anatolico ha probabilmente pagato incrinando il suo dialogo con Mosca.

Erdogan e Xi in competizione

Poi, il 7 ottobre scorso, il conflitto in Medio Oriente ha conosciuto una nuova recrudescenza. Mediazioni di ogni tipo hanno tentato e tentano, in queste ore cruciali, di ottenere il tanto desiderato cessate-il-fuoco. Ma nelle ultime settimane, la vera novità è l'effervescenza diplomatica cinese. Ne è stata una prova il meeting di Giorgia Meloni con il presidente cinese, che sembra aver messo un sigillo tra la disponibilità a riconoscere un ruolo diplomatico alla Cina e la volontà di Pechino di intestarselo, in Ucraina come in Medio Oriente. In nome del pragmatismo più estremo, ma proprio per questo-forse-con maggiori probabilità di riuscire.

Erdogan non è rimasto a guardare. Se nel conflitto in Medio Oriente ha scelto di stare con Hamas, tanto da mettere in lutto una anzione intera in memoria di Ismail Haniyeh, in queste ore vien fuori come abile Penelope del maxi scambio di prigionieri tra Usa e Russia. E quanto più le eminenze grigie di Washington e Mosca si affrettano a dichiarare di non aver dialogato e di non aver avuto bisogno di farlo, più la mediazione turca accresce di valore.

Xi ed Erdogan si sono incontrati agli inizi di luglio in Kazakistan per l'annuale vertice Sco. I due hanno discusso di questioni bilaterali e globali, tra cui le guerre in Ucraina e a Gaza. Erdogan ha detto a Xi che il suo Paese mira a "continuare i crescenti passi compiuti per migliorare le relazioni della Turchia con la Cina in ogni campo". Gli ultimi colloqui faccia a faccia della coppia si erano svolti a settembre 2022, tenuti sempre a margine del vertice del blocco. Ma chi è, oggi, il più forte tra i due? Xi, senza dubbio. Ankara è in trattative con la potenza asiatica per costruire la terza centrale nucleare della Turchia, e per approfondire la cooperazione tra i due Paesi nel campo energetico. I due hanno firmato un memorandum d'intesa per la cooperazione sulla transizione energetica durante la visita a Pechino del ministro dell'energia turco Alparslan Bayraktar a maggio. Anche il ministro degli esteri turco Hakan Fidan ha fatto la sua prima visita in Cina a giugno come massimo diplomatico del Paese, recandosi nella regione autonoma uigura dello Xinjiang.

Ma sebbene Erdogan non abbia i danari cinesi, Xi non possiede la sua

esperienza diplomatica bicefala. Difficile immaginare che i due scelgano di condividere lo sforzo diplomatico del secolo. Ma negli ultimi quattro anni la storia ci ha abituato che davvero tutto può accadere: perfino questo.

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