Verso l'accordo sulle terre rare: Trump e Zelensky pronti a chiudere l'intesa

Dopo il disastroso meeting alla Casa Bianca il presidente americano avrebbe detto che le parti sarebbero riuscite a riprendere il dialogo, salvando l’accordo sui minerali

Verso l'accordo sulle terre rare: Trump e Zelensky pronti a chiudere l'intesa
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Secondo fonti di Reuters, dopo il duro scontro verbale che ha visto opposti Donald Trump e Volodymyr Zelensky, le parti sarebbero riuscite a salvare l’accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine. Nello specifico, il Presidente Donald Trump avrebbe affermato di voler annunciare la cosa durante il suo discorso al Congresso della notte. Tuttavia, le stesse fonti hanno precisato come esso non sia ancora stato firmato e che la situazione potrebbe cambiare. La Casa Bianca e le fonti ucraine non hanno rilasciato commenti in merito.

L’accordo, popolarmente noto come “mineral deal” avrebbe dovuto rappresentare un primo passo nell’ottica di un dialogo tra Stati Uniti e Ucraina volto ad ottenere una giusta pace al presente conflitto che vede opposti Kiev e Mosca. Tuttavia, la firma del documento era saltata dopo il meeting tra Trump e Zelensky della scorsa settimana, durante il quale il Presidente ucraino era stato fortemente rimproverato dalla controparte americana e dal Vice Presidente JD Vance.

A seguito dell'incontro numerosi politici repubblicani si sono scagliati contro il Presidente Zelensky, accusando di essersi comportato in modo irrispettoso nei confronti del Presidente Trump, arrivando addirittura a chiedergli di farsi da parte. In seguito, lo stesso Trump ha accusato Zelensky di non essere “pronto per la pace”, intimandogli di tornare alla Casa Bianca solo quando fosse intenzionato a porre fine al conflitto. Il forte deterioramento nei rapporti tra le parti era successivamente culminato con la decisione da parte di Washington di sospendere gli aiuti militari destinati all’Ucraina.

Allo stesso tempo, le giornate successive al meeting sono state interessate da un costante dialogo tra funzionari statunitensi e ucraini, nonché nell’appello di numerose figure politiche statunitensi volto a salvare l’accordo sui minerali. Lo scontro tra i due capi di stato aveva infatti suscitato profonde preoccupazioni relative in primo luogo alla tenuta bellica dell'Ucraina, per la quale la fine degli aiuti americani avrebbe significato una progressiva perdita di alcune capacità militari chiave per difendersi dall'aggressione russa.

In secondo luogo, le conseguenze del meeting avevano sollevato dubbi circa la volontà da parte degli Stati Uniti di garantire la sicurezza del continente europeo. Nel corso delle ultime giornate, il Presidente Zelensky aveva adottato un tono profondamente incentrato sul dialogo, dicendosi ancora disposto a firmare l'accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine. Al contempo, il Presidente ucraino si era detto pronto a lavorare con Donald Trump al fine di negoziare un accordo di pace con Mosca.

A dispetto dei toni forti usati dai capi di stato delle due nazioni durante il vertice, Stati Uniti e Ucraina rimangono legati da profonde convergenze strategiche. La tenuta di Kiev nei confronti dell'aggressore russo risulta infatti essenziale alla preservazione della credibilità internazionale statunitense, nonché nel distogliere altri attori revisionisti da intenti ostili. Contemporaneamente, l'Ucraina non può porre in essere una resistenza efficace a Mosca nel lungo termine senza il supporto americano.

Tali fattori potrebbero risultare decisivi nel salvare l'accordo sui minerali, ma non nel ricomporre le profonde asimmetrie tra le parti nel breve periodo. Le due nazioni rimangono profondamente divise su alcuni temi fondamentali, in particolare, la concessione di garanzie di sicurezza da parte di Washington a Kiev e lo status dei territori attualmente occupati dalla Federazione Russa.

Il processo di dialogo tra le parti risulterà con tutta probabilità lungo e tortuoso, segnato dalla presenza di un'Amministrazione statunitense la cui imprevedibilità rappresenta una minaccia tanto per i rivali di Washington, quanto per i suoi alleati.

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