L'addizione tra la vittoria di Donald Trump e l'irresistibile ascesa mondiale del suo sodale Elon Musk produce un risultato luciferino per la sinistra. In una coppia, seppur evidentemente smodata, si accumulano tutte le ossessioni de mondo della gauche: sono uomini e bianchi (primo ostacolo); sono ricchi (nel primo caso) anzi ricchissimi (nel secondo) e sappiamo bene che per gli ultimi spaesati nipotini del socialismo l'accumulo di denaro è una colpa imperdonabile; sono pure di destra (ostacolo insormontabile), quanto meno a modo loro o, mettiamola diversamente, non sono sicuramente di sinistra. E questa miscela esplosiva ha risvegliato nel corpaccione progressista un sentimento atavico e viscerale, spesso sopito ma mai dimenticato: l'anti-americanismo. Perché la tentazione di fare di ogni erba un fascio (d'altronde vedono fasci ovunque...) è troppo forte e così riducono gli Stati Uniti tutti a due esemplari unici, per quanto significativi essi siano.
L'antiamericanismo viscerale, così, torna a galla dopo anni nei quali era stato archiviato e sostituito con un filoamericanismo da esportazione in chiave radical prima e woke dopo: che è un po' come selezionare il peggio dal supermarket delle idee e dei tic d'Oltreoceano, scartando tutto il resto. Dal famoso «I care» veltroniano di inizio millennio alla tempestosa infatuazione per Obama, fino al matrimonio con le pulsioni censoree e normalizzatrici più violente del politicamente corretto, l'attrazione della sinistra per gli Usa è stata lunga, così come i flirt tra l'antiamericanismo e la destra non si sono mai interrotti.
Ma il paradosso è che la sinistra di oggi è antiamericana per i motivi per cui sarebbe stata filoamericana ieri, accusa Washington di fare le cose che fino a qualche decennio fa pretendeva che facesse. Esempio: per anni ha denunciato il ruolo da «poliziotto globale» dell'America e l'eccessiva protezione (per usare un eufemismo) nei confronti dell'Europa e dell'Italia. Oggi, invece, si lamenta per il pericolo di smantellamento della tanto odiata Nato e perché il Trump isolazionista minaccia di chiudere l'ombrello
di protezione a stelle e strisce da sopra la nostra testa. Sembrerebbe sindrome di Stoccolma, se non fosse un evidente caso di opportunismo: è comodo fare gli antiamericani con le terga protette dai caccia dello zio Sam. Salvo però denunciare le ingerenze neo coloniali quando Elon Musk - nuovo collettore di tutti i mali del mondo ex comunista - osa twittare sulla politica del Vecchio Continente o quando si prende in considerazione di utilizzare le tecnologie satellitari prodotte dalle sue aziende.
Così - sarà per invidia del nuovo asse Roma-Washington o sarà per un ancestrale riflesso
condizionato - salta fuori dalla naftalina il vecchio antiamericanismo e resuscita anche il solito vocabolario anni Settanta a base di «imperialismo», «padroni» e «inutili idioti». Almeno fino al prossimo cambio di moda.
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