
Dal secondo conflitto mondiale in poi la distanza “diplomatica” che ha separato Washington da Londra e dal resto del Vecchio Continente è stata sempre, o quasi, trascurabile. Eppure a guardarlo da Washington sembra quasi che il vertice di oggi a Londra sull’Ucraina e sulla sicurezza europea si sia svolto su un altro pianeta. A dare il senso di un Atlantico trasformatosi da grande lago occidentale a barriera impenetrabile sono le dichiarazioni che in queste ore membri di spicco della squadra di Donald Trump rilasciano senza sosta ai media Usa per rafforzare la narrazione Maga secondo cui le responsabilità del fallimento dell’incontro nello Studio Ovale di venerdì scorso sono da imputare al leader ucraino Zelensky.
A ribadire la distanza di vedute con l'Europa è il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz, uomo chiave all’interno del cerchio magico di Trump, che ha messo sul tavolo la possibilità di un cambio di governo a Kiev, esclusa invece con forza da tutti gli altri rappresentanti della coalizione occidentale. Intervistato dalla Cnn Waltz ha affermato che "abbiamo bisogno di un leader che possa trattare con noi ed eventualmente possa trattare con i russi e porre fine a questa guerra. Se dovesse diventare chiaro che le motivazioni personali o politiche di Zelensky divergono dall'obiettivo di porre fine ai combattimenti, allora avremmo un serio problema".
"Questa guerra deve finire e ciò richiederà concessioni territoriali", ha detto Waltz che, incalzato sull'argomento ha menzionato "una qualche forma di concessione territoriale" a favore dei russi "in cambio di garanzie di sicurezza" per gli ucraini citando l'invio sul campo di truppe di paesi europei come Regno Unito e Francia. Il consigliere per la Sicurezza nazionale ha dichiarato che sarà il Vecchio Continente “ad occuparsi della sicurezza in Ucraina” dopo l’accordo che dovrebbe porre fine al conflitto rimarcando che “è prematuro parlare del ruolo degli Stati Uniti". Nelle ultime ore Waltz ha definito il presidente ucraino come “un’ex fidanzata che vuole solo litigare”.
Non meno significativo è stato l'intervento nel programma domenicale Meet the Press di Nbc News dello speaker repubblicano della Camera Mike Johnson che in passato ha più volte rischiato di perdere il sostegno dell’allora ex presidente Usa sul tema degli aiuti militari a Kiev. Johnson ha invitato Zelensky a “tornare in sé e presentarsi al tavolo dei negoziati in segno di gratitudine, oppure qualcun altro deve guidare il Paese al suo posto".
Lo speaker della Camera, da cui dipende l’avanzamento dell’agenda di Trump a Capitol Hill ma che deve fare i conti su una maggioranza quanto mai risicata, ha affermato che il tycoon sta cercando di portare le due parti coinvolte nel conflitto “ad un punto di pace”. “Ciò che Zelensky ha fatto alla Casa Bianca”, ha proseguito Johnson, “è stato di fatto segnalarci che non è ancora pronto per questo e penso che sia una grande delusione”. Il presidente ucraino, a suo dire, “ha rimproverato e interrotto” il suo omologo statunitense “invece di esprimere gratitudine per lo straordinario aiuto che gli Usa hanno fornito al suo Paese”.
L’incontro nello Studio Ovale, trasformatosi in un match televisivo senza precedenti, si sarebbe dovuto concludere con la firma dell’intesa sulle terre rare voluta da The Donald. Un’intesa che per lo speaker della Camera “è una vittoria per tutti. Ci darà accesso ai minerali di cui abbiamo bisogno e fornirà un livello di sicurezza per l’Ucraina” perché “noi difenderemo sempre i nostri interessi e i nostri investimenti”. Nonostante la richiesta di (quasi) dimissioni avanzata nei confronti di Zelensky, Johnson ha definito la guerra contro Kiev “ingiusta” e Vladimir Putin “una persona pericolosa di cui non ci si può fidare”.
Il capo della diplomazia statunitense Marco Rubio, che assieme a Waltz venerdì scorso ha invitato Zelensky a lasciare la Casa Bianca su ordine di The Donald, ai microfoni di Abc News ha espresso una posizione più morbida sottolineando che "saremo pronti a riprendere il dialogo quando (gli ucraini) saranno pronti a fare la pace" e ha sostenuto che le garanzie di sicurezza per Kiev sono "subordinate al fatto che ci sia una pace".
Per ora Trump, volato nella sua tenuta di Mar-a-Lago dopo il burrascoso incontro nella West Wing, tace. Profilo basso anche per il suo vice, altro grande protagonista dello scontro con il massimo rappresentante di un Paese aggredito e, in teoria, alleato. A non restare in silenzio è invece Elon Musk che, dopo aver citato sul suo social X un post a favore del ritiro degli Stati Uniti dalla Nato e dall'Onu, ha dichiarato che il presidente ucraino "si è autodistrutto davanti agli occhi del popolo americano". Popolo che, stando ad un sondaggio condotto dalla Cnn a metà febbraio, ha espresso la sua disapprovazione per l'operato del commander in chief con un margine del 52% contro il 48%.
Una valutazione su cui avrà pesato la campagna di tagli draconiani promossa dal Doge guidato dall'imprenditore sudafricano che, sino alla debacle diplomatica sul Potomac, aveva monopolizzato l'attenzione dei media negli States oscurando il ruolo dello stesso Trump.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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