Quanto accaduto lo scorso 7 ottobre in Israele ha gettato benzina sul fuoco dell'instabilità di tutta la regione mediorientale. L'attacco di Hamas, condotto con il lancio di razzi “a sbarramento” e azioni più articolate che hanno coinvolto milizie e perfino “uomini rana” in piccole operazioni anfibie dietro le linee, ha innescato la violenta reazione di Israele che, a quanto sembra, si prepara per l'invasione terrestre della Striscia di Gaza, o almeno della sua parte settentrionale (a nord di Wadi Gaza).
Lo scudo Usa nel Mar Rosso
Il quadro è però più complesso, con l'Iran che ha inasprito il suo contrasto allo Stato ebraico attraverso i proxy che ha nell'area: gli Houthi, i ribelli yemeniti sostenuti da Teheran in un gioco di pedine nato per contrastare l'Arabia Saudita, hanno eseguito un lancio di almeno tre missili e otto droni “kamikaze” che potrebbero essere stati diretti verso Israele, puntando al porto di Eilat, anche se riteniamo che i sistemi usati, per gittata, non avrebbero avuto la possibilità di colpire il territorio israeliano quindi è più probabile che fossero indirizzati verso il cacciatorpediniere Usa Uss Carney, della classe Arleigh Burke, che si è attivato per intercettarli. Da quanto sappiamo via fonti statunitensi, sono stati usati i missili Sm-2 “Standard” del sistema imbarcato Aegis per eliminare la minaccia, e sempre gli Stati Uniti affermano che non è chiaro il bersaglio dell'attacco sebbene il generale Pat Carney, addetto stampa del Pentagono, abbia commentato l'accaduto dicendo che “potenzialmente” avrebbero potuto colpire Israele.
Il rischio di escalation con Teheran
Sempre parlando di proxy iraniani, a nord dello Stato ebraico Hezbollah, dal Libano, ha effettuato qualche sporadico tiro di mortai e razzi verso le posizioni presidiate dall'esercito israeliano provocando una debole reazione che possiamo definire esclusivamente dimostrativa. Tel Aviv ha minacciato il “partito di Dio” libanese collegato strettamente a Teheran che qualsiasi azione di più grande intensità scatenerà un attacco in forze.
Proprio quest'ultima eventualità, l'attacco in forze israeliano sia esso sul Libano o sulla Striscia di Gaza, potrebbe innescare la reazione diretta iraniana: sappiamo infatti che Teheran, nella notte tra il 19 e il 20 ottobre, ha spostato alcuni missili balistici lungo la strada che va dalla capitale a Qom, situata un centinaio di chilometri più a sud.
L'Iran, non avendo un confine diretto con Israele, potrebbe intervenire militarmente in modo diretto sia utilizzando il suo vasto arsenale di missili balistici – il più numeroso della regione – sia dando mandato alle Guardie della Rivoluzione (o Irgc) presenti in Siria per sostenere il regime di Assad nella lotta contro lo Stato Islamico e i ribelli, di effettuare azioni di disturbo infiltrandosi. Ovviamente questo tipo di azione potrebbe anche essere effettuata dalle milizie filo-sciite sostenute da Teheran presenti nella più vasta regione che rientra nella politica iraniana della “Mezzaluna sciita”.
Gli Usa spostano le forze nella regione
Proprio per evitare che il conflitto degeneri in uno scontro regionale, gli Stati Uniti hanno quasi immediatamente deciso di effettuare il rischieramento delle proprie forze nell'area per aumentare la propria capacità di deterrenza, anche a protezione degli insediamenti militari che hanno nell'area (in Siria e in Iraq). Due gruppi di attacco di portaerei (o Csg – Carrier Strike Group) incrociano nelle acque del Mediterraneo Orientale (quello della Uss Ford e quello della Uss Eisenhower) con una capacità di fuoco enorme data dal gruppo aereo e dalle unità di scorta, nella fattispecie dai due incrociatori classe Ticonderoga (uno per Csg) che possono lanciare missili da crociera tipo Tomahawk.
Insieme a loro si è mobilitato il 26esimo Meu (Marine Expeditionary Unit) - capace di operazioni speciali - a bordo della unità da assalto anfibio Uss Mesa Verde, forte normalmente di circa 2400 uomini (ma potrebbero arrivare a 4400 se rinforzati), già presente nel Mediterraneo da tempo proprio per esprimere deterrenza nei confronti dell'Iran.
Oltre alle forze marittime, venerdì scorso sono arrivati in Medio Oriente altri cacciabombardieri F-15E “Strike Eagle”, atterrati in Giordania e giovedì altri A-10 “Thunderbolt II” i temibili “cacciacarri” che hanno dato ottima prova di sé nella Prima Guerra del Golfo.
Il messaggio di Washington è quindi chiaro: se forze ostili attaccheranno Israele o le basi statunitensi nella regione, gli Stati Uniti reagiranno dal mare e dal cielo con tutta la potenza di fuoco che hanno schierato in Medio Oriente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.