La nuova corsa nucleare
Gli ultimi anni hanno visto una forte crescita del coefficiente di potenza di diverse nazioni non allineate agli Stati Uniti, nonché dei competitor di Washington. Tale processo ha coinvolto non soltanto le forze convenzionali di tali attori, ma anche i rispettivi arsenali nucleari. La Repubblica Popolare Cinese sta attualmente conducendo una forte espansione del proprio arsenale sotto il profilo quantitativo, sotto il profilo dottrinale e in relazione all’acquisizione di nuove capacità. Pechino sta infatti potenziando le proprie capacità produttive costruendo due nuovi reattori CFR-600 per la produzione di plutonio e a partire dal 2015 ha rimosso le proprie strutture per processare materiale nucleare dalla propria pubblicazione annuale sul nucleare civile e due anni dopo ha smesso di riportare l’ammontare delle sue scorte di plutonio all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Il Dragone sta inoltre introducendo in servizio due nuovi sottomarini Type 094 e nuovi sistemi di trasporto per missili balistici DF-31 e DF-41. Si prevede che l’ammontare totale delle scorte cinesi arriverà a 1000 testate entro il 2030.
Con riferimento alla Federazione Russa, Mosca ha dato priorità alla modernizzazione del proprio arsenale nell’ambito del programma statale di armamenti 2018-2027. In particolare, Mosca sta non solo incrementando le proprie scorte, ma sta anche introducendo nuovi sistemi d’arma per il lancio delle testate quali i missili Sarmat e i sottomarini classe Borei. In relazione alla propria flotta di bombardieri, la Russia sta riavviando la produzione di Tupolev Tu-160M e sta contemporaneamente cercando di portare avanti il programma di sviluppo del velivolo PAK DA. Infine, la Corea del Nord sta attualmente testando vari sistemi missilistici intercontinentali (ICBM) quali l’HS-17 al fine di poter cagionare enormi danni al territorio statunitense.
L’arsenale nucleare americano
Allo stato attuale l’arsenale atomico statunitense risulta essere il secondo per dimensioni dietro quello russo. Gli Stati Uniti dispongono di un totale di 3.800 testate nucleari attive e 1.750 in attesa di essere smantellate. In relazione alle categorie di vettori, Washington è dotata di 66 bombardieri B-52H e B-2A Spirit, 400 missili ICBM Minuteman III e 280 SLBM Trident. A questi, si aggiungono aeromobili F-15 E, F-16 e PA-200. Gli attuali sforzi di modernizzazione includono tutte le componenti della triade nucleare. Sul fronte dei lanciatori terrestri, Washington sta progressivamente sostituendo i sistemi missilistici Minuteman III con i moderni Sentinel. In relazione ai sottomarini balistici, gli Stati Uniti stanno rimpiazzando i sistemi di classe Ohio con i nuovi sommergibili classe Columbia e adottando programmi di estensione della vita operativa dei missili Trident. In ultima analisi, la flotta di bombardieri nucleari sta vedendo la progressiva sostituzione dei B-2 con i nuovi B-21 e l’aggiornamento dei sistemi B-52H in B-52J. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti stanno anche investendo sulla produzione di nuove testate e noccioli di plutonio.
A dispetto della mole, l’arsenale atomico statunitense risulta afflitto da diverse problematiche. La prima consiste nell’obsolescenza delle testate e di diverse piattaforme appartenenti alla triade nucleare. Gli Stati Uniti hanno infatti cessato la produzione di nuove testate e si affidano in larga misura a strumenti per prolungare la vita operativa di quelle esistenti. A differenza dei propri competitor, Washington ha inoltre forti difficoltà nella produzione di elevate quantità di noccioli di plutonio. Al contempo, la modernizzazione della triade nucleare statunitense risulta essere in primo luogo basata in buona parte su politiche adottate durante il primo mandato del Presidente Obama, in un periodo storico caratterizzato da una distribuzione di potere sul sistema internazionale profondamente differente da quello attuale. In secondo luogo, tale sforzo sta venendo condotto su una base “one to one”, piuttosto che verso la prospettiva di un’effettiva espansione e diversificazione. In virtù di tale stato di cose, le dimensioni dell’arsenale nucleare statunitense stanno attualmente declinando in relazione alle controparti cinese, russa e nordcoreana.
La nuova strategia nucleare
A dispetto della profonda metamorfosi degli equilibri nucleari, gli Stati Uniti si sono in buona misura rivelati incapaci di adeguare correttamente la propria postura. I competitor di Washington non hanno infatti solo ingrandito e modernizzato i propri arsenali, ma hanno anche incrementato la collaborazione tra di essi. Nel mese di marzo l’Amministrazione Biden ha approvato una nuova versione della Nuclear Employment Guidance, un documento altamente classificato rilasciato in sola copia cartacea a pochissimi stakeholder. Le nuove linee guida si fondano in particolare sulla necessità di contrastare simultaneamente la Federazione Russa, la Cina e la Corea del Nord. Tuttavia, in un recente report inviato al Congresso, il Dipartimento della Difesa ha indicato come allo stato attuale sia necessario adottare modifiche alla stessa Nuclear Posture Review, ossia il documento che determina il ruolo delle armi nucleari nella sicurezza nazionale. In particolare, il report cita come la sola deterrenza non sia uno strumento in grado di gestire ogni possibile crisi. Il vice assistente del Segretario della Difesa Richard C. Johnson ha asserito come l’attuale programma di modernizzazione dell’arsenale nucleare statunitense potrebbe non essere sufficiente per affrontare le sfide future. A tal proposito, il DoD sta attualmente riesaminando gli approcci alla deterrenza nucleare sulla base della presente distribuzione di potere. Alcune delle misure adottate in linea con tale intento risultano essere la modernizzazione della bomba a gravità B61-13 e l’incremento della prontezza dei sottomarini di classe Ohio dotati di armi nucleari.
A seguito del crollo dell’URSS nel 1991 il sistema internazionale ha assunto una configurazione unipolare, segnata dalla presenza di un attore, gli Stati Uniti, caratterizzati da un tale coefficiente di potenza da non poter vedere minacciata la propria posizione al vertice del sistema stesso. Negli ultimi anni, la crescita relativa dei competitor degli Stati Uniti ha determinato un cambiamento del sistema, ora caratterizzato da un unipolarismo contestato, dove quindi la posizione di preminenza americana è messa in discussione.
Tale stato di cose si è progressivamente esteso anche sul fronte degli arsenali atomici, con gli Stati Uniti sempre meno in grado di far fronte ad una minaccia congiunta dei propri rivali. La preservazione del momento unipolare americano passerà necessariamente dalla capacità di Washington di adattarsi al nuovo contesto, anche sul fronte nucleare.
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