"Un anziano con scarsa memoria": così il report assolve Biden sui file top secret

Biden non sarebbe perseguibile per aver trattenuto file sensibili nella sua abotazione provata: tra le motivazioni del procuratore, la sua "memoria limitata"

"Un anziano con scarsa memoria": così il report assolve Biden sui file top secret
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Una buona notizia e una cattiva per il presidente Joe Biden. La buona stabilisce che nessuna accusa penale possa essere indirizzata al presidente che "conservò volontariamente" documenti riservati del governo.

Il report su Joe Biden

Questo è quanto ha stabilito il rapporto del procuratore speciale, Robert Hur. Biden custodì nel garage di casa informazioni riservate sulla guerra degli Stati Uniti in Afghanistan e su altre questioni di sicurezza nazionale quando lasciò la vicepresidenza nel 2017, ma questo -ha stabilito il consigliere speciale - non giustifica azioni penali a suo carico. E ora la brutta notizia: l'inquilino della Casa Bianca, nonchè incumbent dem alle prossime elezioni Usa non ci fa una bella figura.

Il rapporto, pubblicato oggi, evidenzia una gestione particolarmente problematica della delicata documentazione, imputandola tuttavia all'età del presidente: "una giuria troverebbe Biden come una figura simpatica e un uomo anziano con buone intenzioni e scarsa memoria", conclude il report. Una conclusione "ragionevole", forse, ma che fa crollare le fondamenta della campagna elettorale dem: innanzitutto perchè trasforma la Casa Bianca in una Villa Arzilla in salsa americana, ma soprattutto perché mina la credibilità delle accuse analoghe a Donald Trump sulla vicenda dei file di Mar-a-Lago, sebbene la condotta dei due sia stata ben diversa in seguito al ritrovamento dei file. Ma tant'è...

Le indagini sul presidente Biden

Le indagini sono durate circa un anno, e hanno riguardato i documenti ritrovati nella residenza privata di Biden in Delaware e nell'ufficio privato che aveva utilizzato nel periodo di transizione tra la vicepresidenza, durante l'amministrazione Obama, e l'elezione a presidente del 2020. L'inchiesta era nata dopo la scoperta, da parte degli avvocati del presidente, di alcuni file rimasti in suo possesso: i suoi consulenti, in seguito al ritrovamento, avevano prontamente contattato i National Archives per organizzare la loro restituzione.

A seguire, la Nara (National Archives and Record Administration) aveva contattato l'Fbi, come da procedura, che ha poi avviato l'indagine. Il presidente ha messo subito a disposizione le sue case per ricerche approfondite (cosa che Trump non ha fatto, a suo tempo, ostacolando la restituzione): così i documenti più sensibili sono arrivati all'attenzione del Dipartimento di Giustizia. Biden non avrebbe potuto essere perseguito poichè in carica, ma il rapporto di Hur lo scagiona in ogni modo da qualsiasi capo di imputazione.

Biden sapeva?

Una parte consistente del rapporto riguarda documenti sulle operazioni in Afghanistan, in particolare sulla decisione dell'amministrazione Obama di inviare ulteriori truppe in loco. Biden vi si oppose duramente: infatti, fra i documenti ritrovati, vi era una sua annotazione scritta a mano nel 2009 e indirizzata a Obama. I vari carteggi possiedono differenti gradienti di segretezza: si tratta prevalentemente di Top Secret e Sensitive Compartmented Information conservati per lo più in una scatola di cartone usurata ritrovata nel suo garage in Delaware, in mezzo ad altre cianfrusaglie ritrovabili in qualsiasi rimessa di un comune cittadino. Dall'indagine è inoltre risultato che in una registrazione telefonica del 2017, Biden dichiarava di aver ritrovato i documenti classificati "al piano di sotto".

Secondo il report, dunque, il presidente avrebbe consapevolmente mantenuto quaderni e altri documenti contenenti informazioni top secret, intenzionalmente: ora, che si sia trattato di dolo o di colpa, si tratta di un gravissimo imbarazzo per Biden, che ha messo competenza e rispetto delle regole al centro della sua narrazione pubblica. Ma è lo stesso rapporto a scagionare il presidente, citandone la "memoria limitata": secondo gli investigatori Biden, che ha rinunciato al privilegio esecutivo sull'intero report, potrebbe davvero aver creduto che quei quaderni potessero essere di sua proprietà: "come hanno fatto gli altri prima di lui", ha ribadito più volte. Più tardi nella conferenza stampa dell'ultimo minuto, approntata quando ormai sua East coast era già sera Biden, risentito, ha ribadito il buono stato della sua memoria: salvo poi, confondere il presidente egiziano con quello del Messico.

"Come sapete - ha detto - inizialmente il presidente del Messico Sisi non voleva aprire l'accesso per permettere l'ingresso di materiale umanitario. Gli ho parlato, l'ho convinto a aprire l'accesso". In realtà il riferimento era al presidente dell'Egitto Abdel Fattah al-Sisi.

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