La vittoria del buon senso

A restare delusi sono stati quanti seguitano a proporre Trump quale male assoluto e pericolo mondiale

La vittoria del buon senso
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Gentile Direttore Feltri, cosa ne pensa del discorso che Donald Trump ha pronunciato durante la cerimonia di insediamento? I media lo stanno criticando aspramente, ma a me è sembrato un discorso di buonsenso, fatto da una persona affidabile. E quale parte l'ha colpita di più?

Valerio Zerbi

Trovo che il discorso del nuovo presidente degli Stati Uniti, contrariamente a quanto sostiene la maggioranza dei miei colleghi, sia con ogni evidenza ponderato. Devo dire che Trump ha superato e allo stesso tempo deluso ogni aspettativa. A restare delusi sono stati quanti seguitano a proporre Trump quale male assoluto e pericolo mondiale, minaccia globale alla pace e all'economia, ai diritti umani e civili nonché all'ambiente, i quali tuttavia, nonostante la sensatezza delle frasi pronunciate dall'inquilino della Casa Bianca, non hanno rinunciato all'istinto irresistibile di attaccarlo e di fargli le pulci. Ci sarebbe soltanto da riconoscere la capacità di quest'uomo di mettere d'accordo tutti: bianchi, neri, donne, uomini, giovani, vecchi. Invece no, ancora egli viene dipinto alla stregua di un despota che si sarebbe imposto senza passare per quelle democratiche elezioni che pure ne hanno segnato per la seconda volta il trionfo. Una verità indigeribile alla sinistra.

Ma io non mi faccio influenzare dall'ideologia, non mi inginocchio davanti al politicamente corretto, non mi adeguo a quel conformismo del pensiero a cui tutti, ansiosi, dimostrano di aderire inveendo contro colui che il progressismo ha individuato come acerrimo nemico politico e culturale. A me Trump piace e mi piace da sempre. L'ho difeso durante la campagna del 2016, quando tutti lo davano per sconfitto. E mi piace ancora di più adesso, lo trovo maturato politicamente e in ottima forma sulla scena. Il suo discorso è da incorniciare e quei punti che sono obiettivi irrinunciabili ed essenziali del suo governo dovrebbero ispirare tutte le democrazie occidentali, contagiare l'Europa dunque. In particolare ho apprezzato il riferimento al merito, concetto che ho approfondito nel mio libro Fascisti della parola. Sembra che oggi «merito» sia diventata una parolaccia, a quanto ho capito anche Oltreoceano. Trump ha affermato che il merito sarà il criterio posto a fondamento della società, una società democratica dove una persona non può essere identificata in base al colore della pelle, bensì in base a ciò che ella ha compiuto, ossia ai suoi meriti. Insomma, Donald ha posto su un piedistallo il valore egualitario per eccellenza, il merito, consegnando a ciascuno la speranza e la fiducia di potercela fare nella vita, a prescindere dalle condizioni di partenza, dalle apparenze, dalla pigmentazione, dalla provenienza. Io credo che il concetto di merito sia agli antipodi rispetto al razzismo e al fascismo, dunque non comprendo come possa il presidente americano essere tacciato di essere discriminatorio e totalitarista.

Altro punto importante è il riferimento ai generi. Trump ha puntualizzato l'ovvio, quell'ovvio tuttavia che, se deve essere puntualizzato, significa che tanto ovvio non è più, ossia che i generi non sono che due, maschile e femminile. Era ora che venisse precisato, perché le schizofrenie progressiste sul genere neutro o fluido non hanno fatto altro che produrre confusione, malessere, crisi di identità, polemiche inutili. Possiamo convenire tutti che si nasce o femmine o maschi. E riconoscerlo non significa essere omofobi, qui non è in discussione la libertà di seguire le proprie tendenze sessuali.

Si tratta piuttosto di porre fine a quella moda che prevede il lavaggio del cervello fatto alle nuove generazioni, a partire dall'asilo, finalizzato a insinuare nei bambini l'idea malsana che si venga al mondo neutri e che poi si possa scegliere se essere maschi o femmine o altro a piacimento, cambiando sesso e orientamento come si cambiano le mutande. Pura follia. Pura violenza. Non chiamatela «libertà», ve ne prego.

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