Caro Carlo,
non considerando il crocefisso offensivo, non posso ritenere in qualche modo insultante, scandaloso o inappropriato quello che segnala la cappella del centro di accoglienza italiano in Albania. Esso è un simbolo cristiano e mi risulta che le nostre radici sono cristiane e questa evidenza non può né deve offendere o indispettire chicchessia, ovvero chi non è cristiano né europeo. Questa gente viene in Europa e penso che sappia che sul nostro territorio, quello italiano come quello di tutto il vecchio continente, sia facile e frequente imbattersi in questo genere di rappresentazioni, alle quali noi siamo legati proprio come gli islamici sono legati alle loro tradizioni, ai loro emblemi e ai loro riti, che noi non vietiamo, e ci mancherebbe altro. Quindi, perché mai dovremmo nascondere il crocefisso, occultarlo, eliminarlo? Per non urtare la sensibilità dei nostri ospiti? Beh, mi pare alquanto esagerato avanzare questa richiesta. Ammesso che il crocifisso sia intollerabile per gli immigrati, noi non dobbiamo comunque rinunciare a ciò che siamo o vergognarcene.
Il punto è proprio questo: noi non dobbiamo più scusarci di essere cristiani, non dobbiamo chiedere venia per essere ciò che siamo o per non essere ciò sono gli altri. Il crocifisso sta legittimamente al suo posto, ossia all'ingresso di una cappella, un luogo in cui si prega e che accoglie chiunque, anche chi cristiano non è. Non troverei intelligente né coerente la scelta di rimuoverlo. Andrebbe allora rimossa la cappella stessa, decisione che si tradurrebbe non soltanto in un rifiuto da parte nostra dei nostri valori ma anche nella negazione e nella privazione da parte nostra ai migranti ospiti di un posto che è rifugio di ogni anima, anima che non ha nazionalità, non ha colore. La cappella all'interno di quel centro è simbolicamente il presidio di Dio in un habitat che, come sottolinea mio figlio Mattia, di certo non è felice, ma non per colpa nostra e non perché siamo cattivi. Non sarà un posto felice ma è un posto sicuro in cui la posizione di ciascun migrante potrà essere vagliata con cura e rapidità al fine di verificare se questi abbia o meno diritto di asilo o di protezione umanitaria. Non si tratta di ambienti in cui i migranti verranno maltrattati, torturati, deprivati di cibo, acqua, cure. Dobbiamo superare l'idea che il rispetto delle regole e la pretesa che queste vengano rispettate sia spietata e configuri una specie di vessazione e di ingiustizia intollerabile inflitta a coloro da cui si pretende l'osservanza della legalità.
Quella cappella non è un maltrattamento, un abuso, una mancanza di tatto. È un dono. Un dono sia per il personale italiano e cristiano che in quel luogo campa e lavora sia per gli ospiti che temporaneamente vi vivranno all'interno. I migranti non sono lì ad autogestirsi, ci sono professionisti provenienti dall'Italia posti al loro servizio ed è un diritto di questi godere della presenza di una chiesetta. Cosa avremmo dovuto fare per essere politicamente corretti? Costruire una moschea? Non vogliamo che gli extracomunitari si convertano, noi non li chiamiamo «infedeli», aggettivo con il quale sono essi ad indicare noi, non vogliamo che cessino di inginocchiarsi per pregare Allah, lo facciano in piena libertà, noi non offendiamo, semplicemente desideriamo che ci riservino e ci usino il medesimo rispetto che noi mostriamo verso il loro credo e la loro fede. Né più né meno.
L'intera area di quel centro costituisce territorio italiano, in cui si applica la legislazione italiana. E si dà il caso che l'Italia, dove questi migranti intendono trasferirsi, sia gremita di chiese, ve ne sono ad ogni angolo, e che i crocifissi si trovino ovunque, ce ne sono milioni, ma che dico? Miliardi.
Se questo è disturbante, è bene che gli extracomunitari lo sappiano optando per un'altra destinazione, meno imbevuta di cristianesimo e più imbevuta di islamismo. Anche perché non possiamo mica abbattere chiese, monumenti sacri, croci per metterli un pochino più a loro agio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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