
Gentile Direttore Feltri,
cosa ne pensa della proposta del senatore dem Dario Franceschini di dare ai figli il cognome della madre e soltanto questo? Sarebbe effettivamente una maniera per superare il patriarcato, togliendo ai padri questo diritto posseduto da sempre dai maschi. O no? Per di più faccio notare che i figli siamo noi a partorirli, perché allora devono prendere il cognome di chi non fa questo sforzo, cioè quello della gestazione e del parto? Qui il politicamente corretto non c'entra nulla, è giusto, secondo me, che i figli abbiano il cognome della mamma.
Simona Milano
Cara Simona,
nei prossimi giorni il senatore democratico Dario Franceschini presenterà al Senato un disegno di legge che ha come obiettivo quello di attribuire ai figli solo ed esclusivamente il cognome della madre. Ti confesso che, nonostante mi sorprenda che, con tutte le questioni e i problemi della società, il Pd seguiti a occuparsi e a dibattere di aria fritta che non incide minimamente sulla vita degli italiani, la proposta potrebbe pure lasciarmi indifferente, suscitandomi al massimo un moto di ilarità. Invece accade che mi indigna.
E ti spiego il motivo: il democratico pretende che l'attribuzione del cognome della madre venga realizzata e imposta a scopo e a titolo risarcitorio, ovvero che il cognome delle genitrici sia l'unico adoperabile al fine di riparare le ingiustizie, i torti, i soprusi che l'intero genere femminile ha subito nel corso di millenni di storia. Dunque, tale provvedimento fungerebbe da indennizzo morale. La proposta si fonda sull'assunto che la donna sia vittima dell'uomo, una prospettiva che mi rifiuto di condividere in quanto essa deriva dall'idea che la femmina sia inferiore al maschio di cui ella è succube e dal quale ella deve essere difesa e salvaguardata da parte della società e delle istituzioni perché incapace di salvaguardarsi da sola dai pericoli che incarnerebbe questo maschio mostrificato, cattivo, bruto, violento, che gode di ogni diritto di cui non godrebbe lei.
La sinistra alimenta senza posa la narrativa di uno scontro feroce tra i sessi, ponendoli uno contro l'altro, mentre io ho una visione più pacifica di quello che dovrebbe essere ed è il rapporto maschio-femmina. Le donne oggi esercitano i medesimi diritti esercitati dagli uomini. La nostra Costituzione, così come i codici, che non operano distinzioni di genere nel riconoscimento dei diritti, si riferisce alla persona, che giuridicamente non ha sesso, ossia può essere essa maschio e può essere parimenti femmina. La guerra alle desinenze, la battaglia per le astine alle vocali, le petizioni contro l'Iva sugli assorbenti, così come la proposta di risarcire le donne fornendo ai figli il cognome della madre non migliorano la condizione della femmina all'interno della società, non rappresentano tasselli per il compimento della effettiva parità. Si tratta di cause sterili, senza capo né coda, profondamente ideologiche, dettate, che ti piaccia o meno, dal politicamente corretto, dal conformismo del pensiero, dalla necessità imperante di adeguarsi e conformarsi alla superficialità e al vuoto assoluto del pensiero progressista che si accartoccia e si avvita intorno a tematiche tanto alla moda eppure prive di sostanza.
Tu scrivi, a proposito del disegno di legge di Franceschini: «sarebbe effettivamente una maniera per superare il patriarcato, togliendo ai padri questo diritto». Ai padri abbiamo già tolto tutto, autorità, considerazione, prestigio, rispetto, quelli separati li lasciamo pure in mutande, basta leggere le statistiche per rendersi conto di quale sia la vera parte debole nella separazione. E poi quale patriarcato, Simona? Dove sta questo patriarcato da superare, da rimuovere, da estirpare, da abbattere? Pure tu scadi nel luogo comune. Che tristezza mi prende! Io mi baso sui dati per descrivere e conoscere la realtà: le donne oggi lavorano, occupano ruoli di prestigio, fanno carriera, svolgono mestieri e mansioni un tempo riservate in modo esclusivo ai maschi, studiano e brillano negli studi, tanto che il numero di laureate supera di gran lunga quello dei laureati, nulla è a loro precluso, vivono il sesso liberamente, non si sposano e, quando lo fanno, si separano se non hanno più voglia di stare con colui che hanno maritato, non si sentono vincolate a vita all'uomo che hanno scelto, guadagnano, sono economicamente indipendenti, nessuno le giudica per le loro scelte e chi le giudica è ed è considerato un cretino. Possiamo davvero ritenere e affermare che la libertà della donna sia soffocata dall'uomo in Occidente? Possiamo in modo credibile sostenere che sia in vigore il regime patriarcale in Italia? E pure se fosse, davvero abbatteremmo il patriarcato e restituiremmo dignità ad una donna vilipesa imponendo che i figli abbiano il cognome della madre?
La proposta di Franceschini è quella di un uomo privo di idee e di iniziative, il quale, ricercando consenso, facili simpatie e approvazione a buon mercato, prova ad uscire dal dimenticatoio tirando fuori dal
cilindro del prestigiatore una iniziativa che fa discutere ma non perché sia intelligente - attenzione - bensì perché è profondamente stupida, tanto che neppure i suoi, i quali pur non brillano per acume, gli vanno dietro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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