I Pro Pal tifano per l'Iran. "È solo una spia sionista"

Chef Rubio: "Lunga vita a chi resiste all'imperialismo. Sui social gli estremisti anti-Israele condannano la giornalista: "Va appesa"

I Pro Pal tifano per l'Iran. "È solo una spia sionista"
00:00 00:00

«Lunga vita all'Iran e a chi resiste alle ingerenze imperialiste». Con queste parole affidate a un comunicato trasmesso tramite Telegram, Gabriele Rubini, conosciuto soprattutto come Chef Rubio, ha aperto il suo intervento di critica, per usare un eufemismo, contro Cecilia Sala e contro gli sforzi della diplomazia italiana per riportarla a casa. La giornalista è imprigionata dal 19 dicembre in un carcere nei pressi di Teheran, sta bene ma l'obiettivo del governo è ora far sì che possa tornare in Italia. Non sono ancora state mosse accuse formali nei suoi confronti, il che apre all'ipotesi che possa trattarsi di una ritorsione con ricatto per l'arresto di Mohammad Abedini, avvenuto il 18 dicembre a Malpensa.

Per l'ex cuoco televisivo, la giornalista fa parte di quel gruppo di «miracolate sioniste e spie ebree con la passione dei viaggi», che «non dovrebbero essere compiante, ma condannate». Un concetto che Rubini esprime a più riprese attraverso gli interventi lasciati sui social, dove dimostra un profondo disprezzo per il lavoro di Cecilia Sala e di quanti si trovano in prima linea per raccontare i conflitti, la cui colpa è solo quella di riportare una verità che non è gradita all'ex chef. Trasformato in un opinionista da salotto per le manifestazioni dell'estrema sinistra, Rubio vomita odio «antisionista» appena ne ha l'occasione. Dal suo punto di vista, «chi fa propaganda sionista da decadi questo si becca»:

è così che ha replicato a un messaggio di solidarietà per la famiglia di Sala, affidato da Nicola Fratoianni ai social nelle ore successive alla notizia dell'arresto.

Per quanto Rubini abbia più eco mediatica di altri, non è l'unico che in queste ore sta diffondendo odio contro la giornalista. A far emergere con maggiore forza la gravità del germe dell'intolleranza, che giorno dopo giorno nel nostro Paese viene innaffiato dal politicamente corretto e dal buonismo dell'accoglienza ideologica, è un gruppo di immigrati di seconda e prima generazione, la maggior parte dei quali sono minorenni. Su Instagram hanno oltre 13mila seguaci e il loro logo scimmiotta quello del Fplp, ossia il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. In una storia condivisa nella notte tra il 27 e il 28 dicembre scrivono: «Non rompete il c su Cecilia qua e Cecilia là. Innanzi tutto, già che lavori per Il Foglio, di base, un popolo pensante dovrebbe appenderti in piazzale Loreto insieme a tutta la redazione». Sala è una collaboratrice freelance che lavora per svariate testate tra le quali anche quella diretta da Claudio Cerasa, che nell'immaginario di questi giovani immigrati è diventato il manifesto di un supposto fascismo, per cui tutti quelli che vi lavorano sono meritevoli di morte.

Non paghi, nella loro comunicazione carica d'odio aggiungono: «Poi se il tuo lavoro è sponsorizzare una narrazione pro genocidio e una falsa solidarietà sei colpevole tanto quanto. Ultimo, ma non per importanza: se aveste rotto er c così

tanto per tante altre ingiustizie di sto Paese e altrove, sareste meno ipocriti/e... Però dovete sempre ribadire che per voi la vita di un/a bianco/a vale di più».

La posizione di questo gruppo appare piuttosto chiara, sono gli stessi che solo poche settimane fa si divertivano a mostrare scritte come «ieri partigiani, oggi fedayn» oppure «contro Stato e Capitale, voglio un mitra per Natale». Gli stessi che gridano all'intifada italiana a supporto della Palestina contro Israele, che esultano per gli scontri con la polizia. Sono numerosi i gruppi che operano allo scopo di fare proselitismo per supposte rivoluzioni bolsceviche e simili con il pretesto di mostrare solidarietà a Gaza.

«Non è ancora il 2025 e il nostro desiderio per il nuovo anno si è già avverato», si legge in un gruppo di estrema sinistra, che esulta per l'incarcerazione di Cecilia Sala come simbolo di un giornalismo che non è allineato al loro pensare e che, quindi, merita di essere messo a tacere. È evidente che ci sia un problema di capacità di vivere in un alveo democratico, dove le divergenze di opinioni diventano idee da combattere.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica