L'ingegnere iraniano-svizzero definito "l'uomo dei droni" è la chiave per liberare la Sala

Il suo arresto un affronto ai Pasdaran. Gli Usa vogliono l'estradizione. Il legale: "Non c'entra"

L'ingegnere iraniano-svizzero definito "l'uomo dei droni" è la chiave per liberare la Sala
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Uno dei giovani iraniani che si infiltra in Occidente con l'obiettivo di migliorare le sue capacità e la missione di mettere in piedi società di copertura per fare arrivare tecnologia sensibile e sanzionata agli ayatollah. Una storia classica che sembra ritagliarsi al profilo di Mohamed Abedini Najafabadi, 38 anni, iraniano finito in manette il 16 dicembre a Malpensa su mandato di cattura Usa. Il caso è legato all'arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, il 19 dicembre, che suona come una «rappresaglia» di Teheran.

L'accusa è di avere «cospirato per eludere le leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni procurandosi beni, servizi e tecnologie di origine statunitense». Materiale sensibile utilizzato per i droni kamikaze dei Pasdaran poi finiti nelle mani dei gruppi amati all'estero appoggiati dal regime, che li hanno lanciati sull'avamposto Tower 22 in Giordania uccidendo tre soldati americani in gennaio.

Abedini è arrivato alle 17.45 di lunedì all'aeroporto Milano-Malpensa con un volo da Istanbul e la Digos lo aspettavo al varco. Nei bagagli è stata trovata componentistica elettronica, documenti,

materiale cartaceo e bancario ritenuti interessati, ma il verbale di Polizia sottolinea che «non sono stati rilevati aspetti per la sicurezza nazionale». Forse voleva proseguire per la Svizzera, dove si è trasferito, oppure aveva degli incontri a Milano tutti da indagare. Abedini è in carcere a Busto Arsizio a disposizione della Corte d'appello di Milano, che dovrà decidere sull'estradizione, anche se l'ultima parola spetta al ministro della Giustizia. Gli americani hanno formalizzato la richiesta, ma sono previsti 45 giorni, fino al 31 gennaio, per presentare tutti gli atti. L'avvocato difensore, Alfredo De Francesco, ha dichiarato che «il mio assistito respinge le accuse non capisce i motivi dell'arresto e la sua posizione è meno grave di quanto sembra». Ovviamente l'iraniano si oppone all'estradizione. Negli Usa rischia l'ergastolo.

Abedini si è laureato in ingegneria elettronica all'università Sharif, considerata il Mit di Teheran. L'istituto è sanzionato dall'Unione europea per il legame con il governo iraniano e i Pasdaran relativo allo sviluppo di missili balistici. Dal 2011 il giovane iraniano ha una società in Iran, Sadra (San'at Danesh Rahpooyan Aflak Co.), ma dopo la

laurea, nel 2019, si trasferisce a Losanna dove apre una start up, la Illumove Sa, registrata presto l'Innovative Park del Politecnico federale. Lo scopo di questa azienda, si legge, è «la ricerca, lo sviluppo e la produzione di apparecchi, sistemi meccatronici e software, nonché la prestazione di servizi nei suddetti ambiti e il commercio di tutti i prodotti». Allo stesso Politecnico svizzero Abedini ha ottenuto un dottorato, ma la start up è di fatto una «buca delle lettere», un paravento per evitare le sanzioni. Gli americani sono convinti che sia una società di copertura per le forniture sensibili che servono ai droni dei Pasdaran.

Abedini ha ottenuto materiale tecnologico doppio uso, sia civile, che militare, grazie a una società con sede in Massachusetts dove lavorava Mohammad Sadeghi, l'altro iraniano finito in manette. Sul sito della Illumove di Losanna ci sono i logo di due società con sede negli Usa che appoggiano la start up finita nel mirino dell'Fbi.

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