Sono passati 22 anni e una cosa è certa, l'America non solo non è più la stessa, ma è talmente divisa da sembrare spaccata in due. Difficile dire se a cambiarla siano stati i terroristi di Osama Bin Laden, l'addio al grande impegno internazionale avviato da Obama e culminato con Donald Trump, oppure l'umiliante ritiro dall'Afghanistan imposto da Joe Biden, Di certo l'America che guarda al quinto appuntamento presidenziale dopo l'11 settembre ha un volto assai diverso da quella che si raccolse attorno ai crateri di Ground Zero chiedendo giustizia e vendetta. Quella era un'America unita e solidale, pronta stringersi intorno alla bandiera e al presidente per vendicare la ferita inferta da un nemico esterno.
Quella di 22 anni dopo è un'America polarizzata. E per molti versi lacerata. Un'America dove lo scontro ideologico tra il mondo liberal e quello dei sostenitori di Trump attizza gli animi più dello scontro con i nemici esterni. Dati e sondaggi sono lì a dimostrarlo. Stando a un rilevamento pubblicato dalla Cnn ai primi di agosto il 55% degli americani è convinto che il Congresso non debba autorizzare ulteriori aiuti militari all'Ucraina, mentre il 51% per cento ritiene che l'America abbia già dato e fatto abbastanza. Un dato eclatante che si contrappone alla determinazione e all'enfasi con cui l'amministrazione Biden continua a sostenere la necessità di difendere Kiev. Ma un dato in totale controtendenza con l'aria che si respirava dopo gli attentati alle Torri Gemelle. In quei giorni il 79% per cento degli americani era orgoglioso di esporre la bandiera e il 60% esprimeva piena fiducia nel governo federale. E l'appartenenza politica non era certo un ostacolo. L'86% degli americani, tra cui il 96% dei repubblicani e il 78% per cento dei democratici, approvava l'operato di George W. Bush mentre il 77% si diceva a favore dell'intervento armato, qualsiasi esso fosse. Se poi l'interrogativo riguardava la necessità di difendersi dal terrorismo allora il sì manifestato dall'83% dei cittadini era quasi un plebiscito. Una voragine rispetto agli Stati Uniti di questi giorni. Stando a un sondaggio Gallup dello scorso 31 luglio solo un cittadino su quattro si dice pronto a sottoscrivere l'operato del governo federale. E anche la fiducia nelle Forze Armate non oltrepassa il 60%. La difesa dalla minaccia terroristica resta una obbligo indifferibile solo per il 61% della popolazione, ma scende al terzo posto in una lista di richieste che vedono al primo posto il rafforzamento dell'economia e, al secondo, la riduzione dei costi della sanità per il cittadino.
Ma la contrapposizione con l'America di 22 anni fa, e il solco scavato nel tessuto nazionale dallo scontro tra liberal e trumpiani diventa devastante se si considera il diverso approccio ai temi più divisivi. Illuminante, al riguardo, un'analisi Gallup dei primi di agosto che dimostra come su certi argomenti i due schieramenti abbiano raggiunto una contrapposizione ideologica tanto granitica quanto inconciliabile. Una contrapposizione che rende quasi impossibile quel naturale travaso di voti tra repubblicani e democratici considerato, un tempo, la principale caratteristica della politica e delle elezioni americane. Non a caso i sondaggisti danno per scontato il risultato delle primarie e fanno capire che - salvo una messa fuorigioco di Trump per via giudiziale - torneremo ad assistere a un testa a testa finale fra due candidati arroccati al 43%. Su questo spietato ring ideologico il duello più feroce riguarda la sanità pubblica. L'85% dei democratici è ormai strenuamente convinto che lo Stato federale debba esser sempre più presente e partecipe. Ma solo il 30% dei trumpiani è disposto ad approvarne il principio. E su ambiente ed ecologia non va meglio. Secondo lo studio Gallup l'81 e l'88% rispettivamente degli elettori democratici considera la protezione ambientale prioritaria rispetto alla produzione di energia e il riscaldamento globale una conseguenza degli errori umani.
Visioni assolutamente aberranti per la maggior parte dei sostenitori di «The Donald» pronti a condividerle solo per il 26 e il 37% rispettivamente. Ma il vero campo di battaglia è l'aborto accettato solo dal 12 per cento dei repubblicani mentre oltre 59% dei democratici vorrebbe renderlo legale in ogni circostanza.
Un altro baratro divide l'84% dei dem decisi a introdurre restrizioni sulle armi e l'appena 31% dei repubblicani disposto a discuterne. Insomma mentre 22 anni fa questi temi - seppur divisivi - garantivano un sommesso dialogo, oggi sono il recinto fra due mondi così determinati nel combattersi da dimenticare persino gli eventuali nemici esterni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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