Pescara, il 17enne Christopher ucciso per onore. "Mi ha mancato di rispetto"

Il giudice: "Assenza di umanità dei due minori, il ragazzo rantolava e loro gli dicevano di stare zitto"

Pescara, il 17enne Christopher ucciso per onore. "Mi ha mancato di rispetto"
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«Avete visto come l'abbiamo ridotto?». Ridevano a crepapelle i baby assassini di Thomas Christopher Luciani, 17 anni ancora da compiere, mentre facevano il bagno in uno stabilimento balneare assieme al resto della loro comitiva. Non è passata nemmeno un'ora da quando i due, fermati poi con l'accusa di omicidio volontario aggravato in concorso, lasciano il corpo del giovane massacrato di coltellate fra le sterpaglie di un sottopasso ferroviario dietro il parco di Pescara.

Nell'ordinanza di fermo il pm sottolinea l'assenza assoluta di empatia dei due minorenni, la loro mancanza totale di umanità. E nessun pentimento. Dal primo interrogatorio emergono particolari agghiaccianti. Il primo a colpire il ragazzo con 15 coltellate ha un credito di poco più di 200 euro con lui per della roba, hashish, non pagata. Per il baby pusher una questione di onore. «Mi ha mancato di rispetto, doveva pagare», spiega agli inquirenti. L'altro 16enne fermato nemmeno lo conosceva Thomas, mai visto prima. Nonostante questo, quando il ragazzo è già a terra prende in mano il coltello da sub e gli infligge altre dieci coltellate. «Perché colpirlo se non aveva alcun motivo?», chiede il magistrato ai testimoni. «Perché sono amici, l'ha fatto per solidarietà». Non è finita, purtroppo. Secondo il medico legale, i due gli spengono una sigaretta in faccia e infieriscono ancora sul cadavere. «Gli abbiamo sputato e preso a calci». Un testimone racconta in questura che il ragazzo è stato colpito anche con un bastone, una mazza di ferro. «Christopher continuava a lamentarsi, emettendo un verso come di morte, e loro gli dicevano di stare zitto. Ero allibito, volevo fermarli ma sembrava che non ci stessero più con la testa», mette a verbale uno dei ragazzini che domenica ha assistito all'omicidio.

Assassini di buona famiglia, liceali e spacciatori di 16 anni. Uno figlio di una nota avvocata della cittadina adriatica, l'altro del comandante di una stazione di carabinieri della provincia, gli indagati sono stati trasferiti in strutture restrittive per minori a L'Aquila e a Roma. Una storia di droga e armi fra ragazzini finita come potrebbe finire solo in una favela brasiliana, almeno fino all'altra sera. Uno choc per gli stessi agenti di polizia, squadra mobile e scientifica, che li hanno incastrati dopo un'indagine lampo. Continuano intanto le ricerche dell'arma del delitto, gettata in acqua dai due killer, da parte dei sommozzatori dei vigili del fuoco.

Un ragazzo sfortunato Thomas, una vita segnata per sempre dall'abbandono dei suoi genitori, a Tirana in Albania, all'età di tre anni. Adottato dalla nonna che vive in Italia, è sicuramente un adolescente difficile, tanto che viene seguito dai servizi sociali del paese in cui vive, Rosciano. Lo scorso novembre fugge di casa, allarmando i familiari e la prefettura di Pescara. Lo cercano ovunque, soprattutto a Chieti Scalo, zona battuta dagli spacciatori e che Thomas frequenta da mesi. Invece viene ritrovato a Pescara, sta bene e tutto sembra rientrare. Poche settimane dopo il 16enne viene condannato per detenzione di sostanze stupefacenti.

Il giudice per i minori lo affida a una comunità di Isernia dove avrebbe dovuto frequentare una scuola per parrucchieri. Venerdì, 48 ore prima della mattanza, Thomas fa di nuovo perdere le sue tracce. Due giorni allo sbando, poi l'incontro maledetto con i suoi assassini.

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