Le polemiche sono arrivate anche quest'anno, inesorabili, quasi fossero ormai parte integrante della festa. È il segno che l'emergenza sanitaria non è riuscita a cambiarci del tutto. Il 25 aprile rimane il punto di caduta dei buoni propositi di un popolo che dice di essere unito.
Il caso
L'occasione per lanciare qualche dardo infuocato è arrivata assieme ad una circolare, inviata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, ai prefetti dello Stivale. Una lettera figlia dei nostri giorni, nella quale venivano date indicazioni sullo svolgimento delle celebrazioni ufficiali al tempo del lockdown. E soprattutto su chi avrebbe dovuto partecipare: questori, prefetti e, forse, sindaci. Stop. Nessun riferimento all'Associazione nazionale partigiani che è subito insorta, parlando di "divieto inaccettabile", di una "scusa per cancellare la memoria democratica del nostro Paese". Il messaggio dei resistenti è stato chiaro sin dal principio: se le regole non dovessero cambiare siamo pronti ad infrangerle, deponendo comunque un fiore o una corona nei luoghi simbolo della Resistenza. Il guanto di sfida atterra in un momento delicato per il Governo, che si trova a dover gestire il pressing delle opposizioni sulle riaperture e i dissidi interni. È l'ennesima grana, meglio fare dietrofront. Non sarà più necessario lavare lo "sgarbo istituzionale" con la disobbedienza, dopo i proclami incendiari dei partigiani italiani, da Palazzo Chigi si affrettano ad azionare gli idranti: "Le associazioni partigiane e combattentistiche potranno partecipare alle celebrazioni per il 75° anniversario della Liberazione, naturalmente in forme compatibili con l'attuale situazione di emergenza".
La circolare del Viminale
I discendenti dei partigiani sono soddisfatti: "Andiamo avanti con il 25 aprile, con le celebrazioni, nel pieno rispetto dei dispositivi di sicurezza, di questa data fondativa della Repubblica, della democrazia, della convivenza civile. Dell'Italia. L'Anpi ci sarà". Il secondo via libera arriva dal gabinetto del ministero dell'Interno, che ha preso nota delle novità ed avvisa i prefetti: "Si potranno ritenere in qualche modo consentite forme di celebrazione della tradizionale cerimonia di deposizione di corone innanzi a lapidi o monumenti ai caduti, che prevedano, oltre alla presenza dell'autorità deponente, la partecipazione anche delle associazioni partigiane e combattentistiche". Ci sono però due raccomandazioni: il distanziamento sociale e il divieto di assembramento. "A questo proposito - si legge ancora - appare utile che vengano agevolate il più possibile forme di intesa fra le stesse associazioni anche per l'individuazione di un'unica rappresentanza". Lo strappo è ricucito. Il sottosegretario al ministero dell'Interno, Achille Variati, ammette che "si era creata una incertezza, ma ora si è ben chiarito che i rappresentanti dell'Anpi, delle associazioni partigiane e combattentistiche, oltre ai sindaci, possono essere presenti alle cerimonie nei vari Comuni".
Il dem disobbediente
Ma c'è chi non è ancora soddisfatto, vorrebbe di più e minaccia di infrangere le regole. È il caso deputato del Partito Democratico Enrico Borghi, membro della commissione Difesa della Camera e componente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). "Leggo che secondo il governo le deposizioni delle corone dovranno evitare il coinvolgimento di altre autorità". Borghi non ci sta, non si accontenta di cantare "Bella ciao" dal balcone e vuole presenziare alle celebrazioni. "Annuncio che eserciterò il 25 aprile una forma di disobbedienza civile e, come tutti gli anni, sarò nella piazza del mio paese, dedicata al partigiano Gaudenzio Pratini ucciso a tradimento dai nazisti nella gloriosa pagina della Repubblica dell'Ossola, e accompagnerò, nel pieno rispetto delle normative vigenti in materia di distanziamento e di profilassi sanitaria, il sindaco di Vogogna per la posa della corona ai caduti".
Insomma, il rischio è che il 25 aprile diventi la scusa per sfogare tensioni e personalismi. Non una festa nazionale, ma la celebrazione della discordia. È come se su questo appuntamento si stiano condensando troppe aspettative e significati che vanno al di là dei simboli e del ricordo. Tutto questo lascia spazio a una considerazione di Matteo Salvini.
Il leader della Lega non si butta a capofitto nella polemica, ma cerca un punto di contatto: "Il 25 aprile si parla di libertà, quella che ci hanno lasciato i nostri nonni. Non vorrei che venga messa in discussione da qualcuno in nome del virus. Mi auguro che il 25 aprile coincida con una giornata di libertà vera".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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