Passata la Pasqua, la scuola prova a ripartire. Da domani mattina 5,3 milioni di studenti tornano in classe, 4 milioni in più rispetto alle ultime settimane. Nelle zone rosse a preparare lo zaino sono gli alunni fino alla prima media, gli altri continuano con la didattica a distanza. Nelle Regioni arancioni tornano in presenza tutti i ragazzi fino alla terza media e almeno il 50%, fino ad un massimo del 75%, di quelli delle superiori, che riprendono con i soliti turni, a giorni o a settimane alterne, così come stabilito dai singoli istituti. Ma almeno possono riprendere a socializzare con compagni ed insegnanti, senza stare tutte le mattine davanti ad uno schermo.
Una priorità, per il premier Mario Draghi, il ritorno delle lezioni in presenza dopo le vacanze, che non sempre ha trovato d'accordo i governatori. Ora però, con la novità introdotta dall'ultimo decreto, gli amministratori locali non possono decidere in autonomia se chiudere le scuole, tranne che «in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus o di sue varianti nella popolazione scolastica». La deroga prevista dal comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 1 aprile 2021 lascia dunque una certa libertà di manovra a quei presidenti di Regione più timorosi, come quello della Puglia, che ha preferito dare la possibilità ai genitori di decidere se mandare o meno i figli in aula. Una mossa che ha creato qualche polemica, con il Codacons che ha chiesto di ritirare il provvedimento e di adeguarsi alla normativa nazionale. L'ordinanza del governatore Michele Emiliano garantisce, dal 7 al 30 aprile, la didattica digitale integrata a tutti gli alunni le cui famiglie richiedano espressamente di adottarla, in luogo dell'attività in presenza. Con il rischio concreto di svuotare le classi. Ma Emiliano ha dalla sua parte i dati dell'Iss che mostrano come in Puglia la prevalenza della variante inglese, quella che corre di più tra i giovani, si pari al 92,9% dei campioni esaminati, la seconda più elevata tra tutte le regioni dopo la Valle d'Aosta. Anche l'Umbria ha deciso di frenare, lasciando in presenza dal 7 all'11 aprile solo le scuole dell'infanzia, le primarie e il primo anno delle medie. Dopo quella data, dati alla mano, si deciderà come procedere. Per il resto, nelle nove regioni rosse (Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Valle d'Aosta, Toscana, Puglia, Calabria, Campania) restano in dad gli studenti dalla seconda media in poi. Gli studenti delle altre Regioni tornano in classe, anche quelli di Veneto e Marche, tornate proprio oggi in fascia arancione. «Domani riprenderanno le lezioni nelle scuole, da quella dell'infanzia fino alle medie, e le superiori al 50%», dice il governatore veneto Luca Zaia, sperando di tornare al 100% dopo il 30 aprile, quando scade il decreto legge. «C'è veramente bisogno di riaprire e di far riprendere quel minimo di contatto interpersonale, ma bisogna farlo con responsabilità per non chiudere più», commenta l'assessore regionale all'Istruzione, Giorgia Latini.
Per rendere le classi ancora più sicure anche in presenza delle varianti, dalla fine di febbraio sono cambiate le regole. Adesso la classe viene messa in quarantena anche se a risultare positivo è un professore (che invece prima non veniva considerato contatto stretto).
Ed è una novità importante, perché con un solo caso rischiano di finire in isolamento più classi, tutte quelle dove l'insegnante ha fatto lezione. Inoltre, per far scattare la quarantena, che ora dura 14 giorni, è sufficiente che il ragazzo o il professore abbia frequentato la scuola nelle due settimane precedenti all'insorgenza dei sintomi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.