"Le 50 Bucha nascoste"

Il direttore di Caritas Kiev-Zhytomyr: "Eccidi in decine di villaggi. Un orrore che stiamo scoprendo man mano che i centri che erano in mano russa vengono liberati"

"Le 50 Bucha nascoste"

L'orrore di Bucha d'inizio aprile - com'era evidente senza paraocchi ideologici e complottistici - non era il semplice punto di arrivo di una guerra in cerca di pace, ma il ben più complesso punto di partenza di un conflitto proiettato su sempre nuove escalations di violenza. Nulla di casuale, tutto cinicamente calcolato a tavolino da chi (in testa Russia, Cina e Stati Uniti, con l'Europa in un ruolo ancillare) ha interesse che le bombe non vengano disinnescate dalla diplomazia. L'ennesima conferma - se mai ce ne fosse bisogno - viene dalla dichiarazioni di ieri rilasciate all'Ansa dal direttore di Caritas Kiev-Zhytomyr, padre Vitalyi Uminskyi: «Ci sono una cinquantina di villaggi in Polyssia, regione nell'Ucraina del Nord ai confini con la Bielorussia, che hanno vissuto orrori come a Bucha». Parole che - a rischio di apparire cinici - potremmo dire che non sorprendono più di tanto: la realtà degli enormi interessi economici in campo e lo scenario geopolitico è infatti evidente e non appare tale solo a chi, strumentalmente, ha scelto di prestarsi al gioco incrociato delle propagande.

Poi ci sono le vittime vere (i soldati e, ancor peggio, i civili) maciullati dai razzi mentre i potenti si sfidano a Risiko. Una partita in cui sta cercando di inserirsi anche la Chiesa, con il Papa però molto incerto sul da farsi e i cui problemi di deambulazione sembrano essere la migliore metafora dell'incertezza su quale strada intraprendere. E allora ecco che la testimonianza di padre Vitalyi Uminskyi assume quasi il valore di un monito. Nell'ambito dell'incontro con la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, il direttore di Caritas Kiev-Zhytomyr ha denunciato «torture, uccisione di civili, distruzioni e saccheggi in almeno altri 50 villaggi in Polyssia. La stessa devastazione di Bucha, moltiplicata per cinquanta.

«Nel villaggio di Maryanivka - ha raccontato il religioso ucraino - sono morti cinque bambini che erano usciti dal rifugio della scuola che in quel momento è stata attaccata. I villaggi sono stati occupati dai russi per 47 giorni, ora liberati, ma solo in questi giorni sono stati raggiunti da Caritas, con grande difficoltà, perché quasi tutte le strade intorno sono minate». In questi giorni i volontari della Caritas stanno raggiungendo piccoli centri come Zirka, Lugovyky e Ragivka, portando per la prima volta aiuti resi possibili dalla protezione del militari di Zelensky che hanno liberato la zona. Fino a pochi giorni fa, l'intera area risultava infatti, irraggiungibile per strade interrotte e campi minati. Padre Uminskyi cita testimonianze dirette che parlano di «giovani soldati russi, spesso ubriachi, che hanno distrutto con l'ausilio di carri armati le case di civili saccheggiandole. Su alcune abitazioni i russi hanno scritto fascisti. Secondo gli abitanti della zona i russi sapevano chi cercare, soprattutto reduci della guerra del 2014 in Donbass che qui si sono trasferiti dopo il conflitto. I soldati avevano liste con i nomi di persone da colpire». «Tre di questi reduci - aggiunge il religioso a capo della Caritas locale - sono stati torturati con bruciature e uccisi». Una strage che si sarebbe consumata nel villaggio di Marianyvka: «Qui cinque bambini sono stati uccisi da un bombardamento russo nella scuola locale. I piccoli, al termine di un primo attacco, sono usciti dal loro rifugio rimanendo uccisi da un altro missile lanciato che ha colpito anche la struttura scolastica. I corpi dei bimbi sono stati sepolti nel cortile della scuola perché i russi non hanno dato il permesso di rimuovere i cadaveri». Altri testimoni citati da padre Uminsky aggiungono morte a morte: «Due giovani catturati, torturati e uccisi dai russi. I loro corpi sono stati ritrovati in questi giorni in una fossa scavata nei boschi». Immagini che fanno tornare alla memoria lo scempio di Bucha, che qualcuno ha perfino avuto il coraggio di definire «una messinscena». Invece quelle decine di corpi abbandonati lungo le strade o gettati nelle fosse comuni erano paurosamente «veri».

Ma oggi come allora Mosca respinge le accuse di aver ucciso civili a Bucha, come ribadisce il ministero degli Esteri russo, Sergej Lavrov, bollando le foto ed i video sui morti di Bucha come «fake prodotti da Kiev e dai media occidentali». Qualcuno, forse, un giorno glielo rinfaccerà. Magari nel corso di un'intervista. Vera, possibilmente.

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