"Il 65% dei reati a Milano è commesso da stranieri"

Piantedosi invia 600 agenti: "Gli immigrati sono il 20%, c'è un problema di integrazione". Sala: "I disagi ci sono, non lo nego"

"Il 65% dei reati a Milano è commesso da stranieri"
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Grandi numeri. Li aveva anticipati il questore di Milano Bruno Megale martedì sera durante un'intervista concessa al Tg1 sui disordini scoppiati al quartiere Corvetto dopo l'incidente stradale seguito a un inseguimento dei carabinieri in cui domenica all'alba ha perso la vita un residente, il 19enne di origine egiziana Ramy Elgaml. In quell'ambito il numero uno della polizia milanese aveva parlato dell'arrivo a Milano «di oltre 500 uomini» mandati dal Viminale nei prossimi mesi a rinforzo dei presidi territoriali. Un arrivo già programmato, quindi, che nulla aveva a che vedere con quanto accaduto alla periferia sud della città, aveva specificato Megale. Un annuncio che ieri mattina ha ricevuto la ratifica dell'ufficialità grazie al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, ospite in città del prefetto Claudio Sgaraglia insieme al capo della polizia, prefetto Vittorio Pisani, durante una riunione sulla sicurezza seguita invece proprio all'insurrezione del Corvetto.

In realtà ieri il ministro si è spinto oltre con i numeri, precisando che si tratterà di ben «600 unità», che si aggiungeranno al normale turn-over tra le tre forze di polizia. «Avremo così un significativo beneficio anche nei servizi di controllo del territorio» ha sottolineato Piantedosi. Aggiungendo che «il tema dell'integrazione passa attraverso dinamiche per cui non basta essere munifici con il rilascio di permessi di soggiorno», il ministro ha spiegato che al Corvetto «nel corso di quest'anno sono stati svolti più di 40 servizi ad alto impatto, 162 arresti. E cito il Corvetto per ovvi motivi - ha precisato Piantedosi -, ma si potrebbe moltiplicare anche per gli altri quadranti in una città dove le forze di polizia fanno il loro dovere in sinergia con le altre istituzioni».

«Il fatto che l'area metropolitana milanese - dichiara quindi il ministro - vede circa il 20% di popolazione immigrata residente e che fino al 65% di reati siano commessi da popolazione straniera vuol dire che c'è un disagio rispetto a una integrazione, che va seguita e migliorata. E questo non perché ci sia un vocazione naturale da parte degli immigrati, ma perché si tratta di fasce di società che vanno ad alimentare maggiore possibilità di emarginazione: sono fenomeni - ha spiegato - ai quali noi intendiamo riservare tutta l'attenzione che merita la seconda città più importante insieme a Roma del territorio nazionale». Concludendo, a chi lo incalzava sulle somiglianze con analoghi disordini nelle banlieue parigine, il numero uno del Viminale ha definito il paragone «molto esagerato» anche se, ha detto i fatti del Corvetto «sono segnali che non vanno sottovalutati».

A Palazzo Diotti c'era anche il sindaco Beppe Sala. Solo mercoledì, a margine di una inaugurazione, il primo cittadino aveva parlato di «Milano città accogliente», seppure ammettendo la latitanza del Comune sul fronte della realizzazione dei centri di aggregazione per le giovani generazioni di stranieri nelle periferie. In prefettura il sindaco ha voluto a suo modo «puntualizzare» quei concetti. E nella medesima ottica riguardante il «malcontento» delle periferie meneghine, ha messo in luce l'importanza di investire sull'edilizia popolare. «Come amministrazione comunale abbiamo delle responsabilità: laddove ci sono luoghi di aggregazione è più difficile che i ragazzi si disperdano. A Milano abbiamo 800mila appartamenti. Più di 60mila sono di edilizia popolare. Si è creata una sproporzione». Virando sulla sicurezza, ha poi dovuto ammettere a denti stretti: «Non mi spingo a dire che Milano è una città sicura e non ha problemi, ma non serve a nulla crocifiggere questa città che sta facendo uno sforzo per un modello che non è del centrosinistra, ma che caratterizza tutte le città internazionali».

Sala ha voluto però anche replicare al vicepremier Matteo Salvini, che definisce Milano «una città insicura»: «Le statistiche sono improprie - ha detto il sindaco - Perché misurano i reati rispetto alla popolazione. E poi a Milano le persone denunciano».

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