L'arresto di Cecilia Sala a Teheran «non è in alcun modo una ritorsione» legata a Mohammad Abedini Najafabadi, detenuto in Italia. Nel giro di 24 ore la Repubblica islamica dell'Iran è tornata a ribadire il concetto, tramite la portavoce del governo, Fatemeh Mohajerani. Con toni però più concilianti: «Ci auguriamo che la questione della giornalista venga risolta rapidamente», ha aggiunto la funzionaria. Sono giornate concitate e anche ieri Abedini, il presunto «uomo dei droni» di Teheran - l'ingegnere meccanico svizzero-iraniano arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa su richiesta di Washington con le accuse di cospirazione, associazione a delinquere e violazione delle leggi sul commercio di materiale dual-use civile e militare con la Repubblica islamica - ha chiesto di nuovo di Cecilia al suo legale Alfredo De Francesco che ieri mattina gli ha fatto visita per una quarantina di minuti nel carcere di Opera. «Continua a vedere il suo volto accostato a quello della giornalista in tv e quindi mi ha chiesto ancora di lei» spiega il difensore. «Pregherò per lei e per me» aveva già detto il 3 gennaio. Mentre davanti al capo di imputazione Abedini ha di nuovo negato ogni responsabilità anche perché, ha fatto notare, prima del 2019 era ancora studente. A breve gli dovrebbero arrivare i libri che aveva chiesto, un pacco spedito dalla moglie e l'autorizzazione ad aumentare la frequenza delle videochiamate. Infine, salvo un cambio di programma, venerdì prossimo dovrebbe ricevere la visita dell'ambasciatore.
Fino al 15 gennaio, quando la Corte d'appello di Milano discuterà la richiesta di concessione dei domiciliari, la procura generale di Milano, guidata da Francesca Nanni, è intenzionata a mantenere fermo il proprio no sui domiciliari per l'ingegnere. Nanni ha ritenuto che «la messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del Consolato dell'Iran» con «eventuali divieto di espatrio e obbligo di firma» non siano una garanzia per «contrastare il pericolo di fuga» di Abedini. Alla Procura generale di Milano intanto non è arrivato nessun nuovo documento dagli Stati Uniti sul cittadino iraniano. Mentre l'avvocato De Francesco depositerà altra documentazione nei prossimi giorni.
Intelligence e diplomazia italiane continuano a lavorare. La premier Giorgia Meloni tra il 4 e il 5 gennaio è volata a Mar-a-Lago da Donald Trump ed è pronta a ricevere Joe Biden in visita in Italia da domani. L'obiettivo è determinare condizioni favorevoli alla scarcerazione di Sala ed evitare irrigidimenti sull'estradizione di Abedini. Va però considerato - e qui torna di prepotenza la politica - che l'ultima parola sull'estradizione passerà poi al governo e al ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha facoltà di revoca sull'arresto e potrebbe consentire il rientro a Teheran dell'ingegnere. Uno dei cavilli giudicati dirimenti potrebbe essere il fatto che in Italia i reati contestati hanno caratteristiche e presupposti diversi rispetto a quelli Usa. Secondo l'articolo 718 del codice di procedura penale, Nordio può liberare Abedini ritenendolo non estradabile.
Poi altro elemento importante è che i Pasdaran non sono inseriti nella black list dell'Onu, né in quella dell'Unione Europea, come organizzazione terroristica. La faccenda dunque è delicata, anche perché sono interessate le relazioni storiche tra Italia e Stati Uniti.
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