Abiti sottoveste (o pigiama). È lo stile minimal

Minimalismo versus decorativismo? Battaglia persa in una stagione che si annuncia traboccante di stampe, decorazioni e ricami smisurati. Eppure l'asticella di quella corrente che negli anni Novanta ha epurato lo stile da ogni orpello si alza per portare nella moda una nuova perfezione. «Ho fatto dialogare la poetica di Corinne Day, fotografa che ha documentato le pulsioni degli anni Novanta con il lavoro di Tina Modotti che aveva sottratto il folk alla latinità» dice Alessandro Dell'Acqua autore di una magnifica collezione N°21 prima di mandare in passerella abiti sottoveste in macramè su lievi camicie di crêpe de chine e caban decorati con fitti ricami di passamaneria e pom pon. Fra ricordi etnici e annotazioni vittoriane, ecco i vestiti di maglia drappeggiati sul corpo, le camicie di pizzo come piccoli tablier allacciati sulla schiena, l'idea di un'irresistibile bellezza nobilitata dalla tiara fra i capelli e dai sandali con frange e piume. Siamo di fronte a intelligenze irregolari capaci di maneggiare l'insolita natura di materiali straordinari. Come fa Brunello Cucinelli che ottiene, da un sottile lavoro di rimandi agli anni Venti e all'Oriente, un'immagine essenziale ma al tempo stesso sontuosa. Una sorta di elogio dell'imperfezione che scuote l'anima attraverso il fascino di materie come i lini, la canapa e i cotoni assemblati in varie elaborazioni di punti ma anche linee che definiscono una nuova silhouette con i graziosi pantaloni sette-ottavi. Notevole l'aplomb della giacca doppiopetto con gessatura di paillette, del cardigan di cashmere color vaniglia profilato di paillette nere e dei bellissimi sandali gioiello. Secondo Simonetta Ravizza minimalismo è il piacere di indossare vestaglie e pijama di seta - sdoganati come pezzi da indossare fuori dalla camera da letto dalla designer Francesca Ruffini moglie di Remo, patron di Moncler - ma non rinunciare al massimo dei lussi: bellisime pellicce estive effetto vestaglia in Xiangao dalle sognanti gradazioni di rosa, lilla, miele. Si possono già acquistare nella boutique di Via Montenapoleone e accessoriare con la mascherina effetto relax di zibellino e ciabattine di antilope. Anche il boudoir contemporaneo ha i suoi feticci. Da Giada, marchio italiano fondato da Rosanna Daolio ma di proprietà cinese, è arrivato Gabriele Colangelo, designer concettuale che conosce il linguaggio delle lavorazioni di pregio realizzate in Italia. Per esempio il double di cashmere che nel lungo abito rivela pannelli a incastro tenuti insieme da fettucce di pelle. Tutti gli abiti di maglia di seta e viscosa sono costruiti con un sofisticato sistema di calature mentre i pezzi in pelle laserata sono doppiati con maglina di cashmere. Un'eleganza scarna e al tempo stesso nutrita di lusso permea anche la visione di Francesco Scognamiglio che al marmo del Cristo Velato della Cappella di San Severo a Napoli – una vertigine di marmo pura come l'acqua - sottrae la lievità per trasferirla in sognanti lunghi abiti di chiffon.

E poi intarsi e ricami, stampe iris per minidress percorsi da piccoli volant tridimensionali, orli ricamati a mano e gioielli memorabili come segni di una maestria artigianale di cui si è innamorato Johann Young, imprenditore malese basato a Londra, nuovo socio al 30 per cento del bravo designer partenopeo.

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