Abraham, rapinatore di donne: era libero dopo l'ultimo scippo

Il marocchino arrestato a febbraio. Irregolare in Italia da sei mesi, ha chiesto la protezione e non può essere espulso

Abraham, rapinatore di donne: era libero dopo l'ultimo scippo

«Un derelitto. Senza fissa dimora, malmesso, sporco, alterato dall'alcol, ma soprattutto dalla vita estrema che conduce e probabilmente dalle sostanze stupefacenti che ingerisce. Tanto per intenderci: si tratta di uno che butta giù tutto quello che gli capita e che trova in giro. Un randagio che in città ha dormito sempre un po' qua e un po' là, negli ultimi tempi nella zona della Centrale ma non solo...Certo: lunedì gli deve proprio essere partita la valvola, quando è stato fermato era in uno stato pietoso..».

Concisa, concreta e, seppur cruda, senz'altro efficace. La descrizione - chiaramente «catturata» senza permesso tra le mura della questura di Milano - è, in sintesi, il ritratto molto ufficioso ma realistico di Abraham Rhasi, 23 anni, il marocchino arrestato lunedì sera dalla polizia in città per aver messo a segno nel giro di pochi minuti cinque rapine lungo la strada, servendosi di un taglierino con il quale ha accoltellato sei persone (quattro delle donne che nel tardo pomeriggio ha assalito in sequenza per rapinarle del telefonino e gli uomini che hanno tentato di difenderle o comunque di correre in loro aiuto) tra viale Brianza, via Gluck e via Sammartini, ovvero proprio nei dintorni - assai critici dal punto di vista della sicurezza - della stazione Centrale. L'uomo si trova in Italia da non più di cinque-sei mesi, naturalmente in qualità di irregolare visto che non risulta fotosegnalato a Lampedusa, nel luglio dell'anno scorso, in Germania, a Bochum, dove Rhasi ha chiesto protezione internazionale. Trattandosi di un Paese di area Schengen tecnicamente l'immigrato irregolare risulta anche in Italia «pendente richiesta, in attesa di risoluzione». E, per farla breve e leggi alla mano, non si espelle perché può restare qui finché lo desidera. Il vero problema, insomma, resta uno solo: come lui ce ne sono tanti, troppi sul territorio italiano.

La polizia aveva già denunciato Rhasi, infatti, accusandolo di furto con strappo. Il 6 febbraio il marocchino era stato fermato dalla Polfer a Rogoredo, sul treno regionale Lodi-Saronno, dopo che aveva rubato l'ennesimo cellulare a Milano a un italiano di 37 anni a bordo di un filobus della linea 90. In stato di alterazione psicofisica, violento e aggressivo, gli agenti lo avevano controllato perché disturbava i passeggeri e addosso gli avevano trovato il cellulare. Sempre secondo la legge, essendo trascorse alcune ore dallo scippo, l'immigrato era stato solo denunciato e non arrestato. Erano stati quindi sempre loro, i poliziotti, ad accompagnarlo all'ospedale di San Donato Milanese per una ferita lacero contusa alla mano di cui il marocchino si lamentava al momento dei controlli. Come ogni persona portata in ospedale all'uomo era stato poi assegnato un braccialetto che lui ha continuato a tenere al polso anche dopo essere stato dimesso e che indossava ancora al momento dell'arresto di lunedì sera.

Nella richiesta di convalida dell'arresto e di applicazione della custodia cautelare in carcere per i fatti dell'altro ieri la Procura di Milano parla di Rhasi - che da lunedì sera si trova a San Vittore con l'accusa di rapina aggravata e tentato omicidio e stamane sarà sottoposto dal gip all'interrogatorio di garanzia che precede proprio la convalida dell'arresto - come di un uomo che «(...) ha posto in essere tutte le rapine in rapida sequenza, prendendo intenzionalmente di mira solo donne e non esitando a colpirle con estrema violenza, oltre che ad usare il coltellino. (...) «La sua pericolosità sociale appare dunque palese» conclude la magistratura.

La Procura mette in evidenza anche il pericolo di fuga, oltre a quello di

reiterazione del reato, «in quanto si tratta di un soggetto» nemmeno «ancora compiutamente identificato, apparentemente senza fissa dimora e che quindi potrebbe sottrarsi con estrema facilità alle ricerche dell'autorità».

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