Gli accordi e i dubbi: "Basta armi a Kiev". Ma l'Europa dice no

L'analisi della telefonata. Putin concede (poco), Trump può parlare di successo. I leader prendono altro tempo

Gli accordi e i dubbi: "Basta armi a Kiev". Ma l'Europa dice no
00:00 00:00

Il nuovo mondo è in una telefonata in cui i grandi del pianeta decidono il futuro. Tutti gli altri, dall'Ucraina all'Europa, assistono cercando di interpretare le mosse dei due protagonisti. L'uno, Donald Trump, coltiva di fronte al suo pubblico l'immagine di grande negoziatore che si è impegnato in campagna elettorale a concludere una pace in 24 ore; il secondo, Vladimir Putin, vede la possibilità di ottenere con una trattativa quello che dopo tre anni di guerra e 200mila soldati russi morti, non gli è riuscito: uno stato cuscinetto ai confini occidentali.

I due si conoscono, si sono visti almeno cinque volte, sempre in colloqui ristretti, vanno d'accordo al di là delle tante differenze. La tregua di 30 giorni è sul tappeto, l'Ucraina messa alle strette ha dovuto accettarne le condizioni. Ma Putin concede il minimo al partner, il necessario perché si possa parlare di successo. La cessazione degli attacchi alle infrastrutture energetiche, prima di tutto. Del resto l'inverno con il grande freddo sta finendo, dal punto di vista militare lo sforzo non è eccessivo. In compenso non si parla di territori conquistati da restituire (e che per Mosca sono ormai parte integrante della Federazione) e restano le condizioni fatte trapelare da Mosca già in mattinata: stop alle forniture militari e alle informazioni di intelligence per Kiev. Nello stesso periodo la Russia potrà far funzionare al massimo il suo sistema militar-industriale.Su tutti i punti che contano bisognerà continuare a parlare, approfondire le trattative. Completano il quadro un bel gesto sui prigionieri, l'ipotesi di una partita di hockey.

Non manca la citazione, tanto cara a Mosca, della necessità di affrontare le cause profonde del conflitto. Nel gergo del Cremlino indica la necessità di soddisfare le ambizioni geopolitiche russe. Un primo ponte è stato gettato ma la riva appare ancora lontana.

Uno dei più famosi giornalisti russi, Mikhail Zygar, fondatore del canale televisivo Dozhd, ovviamente esiliato, ha scritto ieri un commento sul New York Times in cui dice che per Putin fare la pace sarebbe più complicato che continuare la guerra.

L'emergenza militare ha ormai modellato la struttura dello Stato, oggi perfettamente sotto controllo. In molti dalle parti di Mosca ricordano il ritorno dei veterani dalla guerra in Afghanistan: stanchi e delusi rappresentarono un potente elemento di destabilizzazione per l'ex Unione Sovietica. Putin non ha la minima intenzione di ripetere l'errore riportando a casa centinaia di migliaia di reduci da un giorno all'altro. Il soldo dei militari e i risarcimenti per i parenti di chi muore hanno creato nelle province più povere e lontane della Federazione una sorta di «keynesianismo bellico». Grazie ai soldati nelle trincee e ai morti in battaglia molte zone sono più ricche ora che all'inizio della guerra.

Prendere tempo è dal punto di visto russo probabilmente la scelta migliore. L'Occidente post-trumpiano è più diviso che mai. L'Ucraina, anche se secondo i sondaggi non è così, appare esausta. Le Forze armate di Mosca hanno saputo imparare dagli errori. E poi, soprattutto, Putin non ha un'opinione pubblica a cui rispondere, che chiede conto degli errori, e del ridimensionamento delle aspettative economiche. Meglio una lunga trattativa che una tregua immediata. Meglio cercare di disarmare Zelensky, soffocando i suoi rifornimenti che concedere quello che l'Ucraina chiede.

A dare fastidio, per il momento, è rimasta l'Europa.

Emmanuel Macron e Olaf Scholz assicurano che Kiev continuerà a ricevere aiuti militari. Ursula von der Leyen parla ai cadetti dell'accademia militare danese in toni bellicoso: l'Europa si prepari alla guerra. Ci vuole altro per spaventare Putin.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica