Addio al Giappone pacifista: ora potrà intervenire all'estero

Una nuova legge autorizza l'esercito di Tokyo a combattere oltre confine. Il premier Abe parla di sicurezza, ma per l'opposizione è un guerrafondaio

Shinzo Abe fotografato in parlamento
Shinzo Abe fotografato in parlamento

Dimentichiamo l'immagine pacifista che ci siamo fatti del Giappone, da 70 anni a questa parte. Nel Sol Levante, gli effetti della seconda guerra mondiale sono definitivamente svaniti perché, per la prima volta dal 1945, le sue Forze di autodifesa potranno intervenire in guerra all'estero. Si tratta della più grande rivoluzione nella politica difensiva di Tokyo dal 1954, quando venne rimesso in piedi l'esercito dopo l'azzeramento militare voluto dagli americani e dagli altri Alleati al termine del conflitto. Il Giappone segue così le orme dell'altro grande sconfitto della guerra, la Germania, che dopo essere stata smilitarizzata è tornata ad armarsi fino a entrare nella Nato. Il cambiamento è la conseguenza di una legge, approvata in settembre ed entrata in vigore martedì, fortemente voluta dal primo ministro Shinzo Abe. Le proteste di piazza, come sei mesi fa, ieri si sono unite al coro delle critiche dei partiti di opposizione. Il premier e la sua coalizione governativa, formata da Liberaldemocratici e Nuovo Komeito, sono stati accusati di «calpestare la Costituzione» entrata in vigore nel 1947. All'articolo 9, infatti, il testo sancisce che «il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e rinuncia alle minacce e all'uso della forza come mezzo per risolvere le dispute internazionali». Non c'è niente di più lontano da questa dichiarazione della legge voluta dal governo e solo il riavvio dei primi reattori in seguito all'incidente nucleare di Fukushima ha fatto più scalpore nella società nipponica.D'ora in poi il Sol Levante potrà intervenire militarmente all'estero a tre condizioni: quando un Paese alleato è sotto attacco e la sopravvivenza del Giappone è minacciata, quando non ci sono altri mezzi appropriati per respingere l'attacco, se l'uso della forza è limitato al minimo indispensabile. Parlando ieri in conferenza stampa, il primo ministro è tornato a giustificare le sue scelte, anche in risposta ai tanti slogan di protesta urlati dalla piazza: «Attorno al nostro Paese la sicurezza è sempre più precaria. In un mondo dove nessuno può difendersi da solo, questa legge aiuterà a prevenire la guerra». Il premier si riferiva alla minaccia nucleare e missilistica della Corea del Nord e alla crescente aggressività della Cina nel Mar cinese meridionale e orientale, dove si trovano isole contese tra Pechino e Tokyo.La legge approvata dal Giappone è stata fortemente voluta da Barack Obama ed è una delle dirette conseguenze dell'accordo raggiunto con gli Stati Uniti nell'aprile del 2015. L'anno scorso la precedente alleanza militare tra i due Paesi è stata stravolta: il Giappone da soggetto passivo, difeso dall'America in caso di attacco ma non obbligato a ricambiare, è passato ad attore attivo, impegnandosi a proteggere l'alleato anche al di fuori dei confini dell'arcipelago. Il nuovo patto era stato celebrato da Obama e Abe alla Casa Bianca e non poteva che prevedere una nuova interpretazione dell'articolo 9 della Costituzione nipponica. Non a caso, gli Stati Uniti sono stati il primo Paese a complimentarsi con il Giappone dopo aver approvato la legge a settembre.La principale preoccupazione di chi si oppone alla legge è stata ben riassunta nell'editoriale di uno dei maggiori giornali locali, l'Asahi Shimbun: «Gli interessi nazionali del Giappone non coincidono per forza con quelli degli Stati Uniti, che sono famosi per cominciare guerre sbagliate».

Anche i giapponesi temono di essere trascinati in conflitti che non li riguardano, ma l'opposizione dell'opinione pubblica è più sfumata di quanto si pensi. Secondo un sondaggio pubblicato ieri dal principale quotidiano del Paese, il Yomiuri, solo il 47% della popolazione non approva la nuova legge. Sei mesi fa, gli oppositori erano il 58%.

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