Nel 1954 Ardito Desio lo aveva, incredibilmente, escluso, giovanissimo e fortissimo, dalla spedizione sul K2. E' forse meno duro pensare che Cesare Maestri abbia atteso proprio la prima conquista invernale di quell'Ottomila a lui negato, da parte di un gruppo di giovani sherpa, prima di chiudere, a 91 anni, gli occhi sul mondo, per restare per sempre nella leggenda come il ragno delle Dolomiti. Il figlio ne ha dato l'annuncio sui social: «Cesare ha firmato il libro di vetta della scalata della sua vita», e il mondo si commuove di fronte a quel pioniere del sesto grado che seppe unire i crismi della progressione classica su roccia agli artifici «moderni» del free climbing.
Precursore, sempre. Partigiano in guerra e pure un po' in parete, di se diceva spesso: «Conoscendo il mio orgoglio, testardaggine e volontà, giurai che avrei cercato di diventare il più forte alpinista del mondo». La sua cordata più bella è anche quella con Dino Buzzati che ne fu spesso il cantore. Mille articoli, un'unica definizione: «Formidabile, come un atleta greco». Come un eroe classico, Cesare era anche bello: il ciuffo, prima, la barba, poi. Figlio di un barbiere di Mezzolombardo che, dopo la guerra, fece anche l'attore: nato quasi sul palco dove recitava anche mamma. La sua ribalta furono, invece, le Dolomiti. Complice la ricevitoria che aveva aperto a Trento dove passavano tanti accademici del Cai con le loro storie. Lui divenne il migliore: Campanil Basso con Luciano Eccher che, dopo ore, feriti e appesi nel vuoto, lo supplica di salvarsi tagliando la corda - , il Croz dell'Altissimo, cime di Lavaredo, Roda di Vael. Ogni anfratto di quella roccia Cesare lo ha accarezzato, in 3.500 salite.
Viveva a Madonna di Campiglio per guardare meglio le sue cime del Brenta. Nel 1954 è già guida, nel '55 A Cervinia non passa le selezioni di maestro di sci, ma si prende il Cervino da solo, nella tormenta. Non gli credono e risalgono a cercare le sue tracce. Prova l'Eiger: in ricognizione si ferma sfinito, nei pressi di un accesso alla galleria in cui scorre il trenino della Jungfrau. Per non avere guai, smonta il vetro e ferma il treno, come facendo autostop. Iniziano le avventure extra dolomitiche che però con la Patagonia divengono tragedia: sul Cerro Torre, nel 1959, perde il compagno più caro Toni Egger. Alcuni, perduta anche la macchina fotografica, non credono in primis lo stesso Reinhold Messner - che i due siano davvero giunti in cima.
Come Walter Bonatti, vittima del K2, come lo stesso Messner, non creduto quando il fratello morì sul Nanga, anche Maestri subisce il «processo» di una vita. Scala il Kilimangiaro nel 1974 e dopo l'attacco alle Torri Gemelle, nel 2002, contro tutto e tutti, arriva, ultrasettantenne, al campo base dello Shisha Pangma. Voleva portare la pace. Ha scritto la storia.
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