La «scatola nera» della centrale di Bargi è stata sequestrata dalla Procura. Ha registrato ogni istante della tragedia avvenuta all'avvio di uno dei due impianti esploso. Ieri è stato recuperato il corpo senza vita dell'ultimo disperso, la settima vittima del drammatico incidente, Vincenzo Garzillo, 68 anni di Pianura, Napoli. Ex dipendente Enel, Garzillo era richiestissimo per la sua esperienza e competenza. In pensione dopo 46 anni di servizio, da un anno lavorava per la Lab Engineering di Ortona ed era stato inviato a Suviana per supervisionare alla riattivazione delle macchine.
«Le centrali hanno un sistema di controllo che si chiama Scada - spiega l'ad di Enel Green Power Salvatore Bernabei -. Se avrà registrato qualcosa aiuterà a capire le cause dell'evento». La centrale di Bargi, che genera 330 mega watt con due gruppi di produzione, si attiva in caso di black out nazionale in appena 4 minuti, ed è immersa per tre quarti nel lago di Suviana. Ma è da quello di Bradimone che prende l'acqua che muove le pale della turbina andata in mille pezzi.
Sfrutta un salto di 375 metri per far muovere le due turbine che a loro volta fanno girare gli alternatori che si trovano ai piani superiori. Poi l'acqua rientra nel bacino accanto attraverso un circuito di pompe e condotte. Un sistema pulito per produrre, assieme alle altre centrali sparse in Italia, il 44 per cento di energia utile, la stessa dell'eolico e del solare messi assieme. Sono i due elementi del secondo gruppo turbina/alternatore, uno meccanico e l'altro elettrico, a esplodere uccidendo i 7 tecnici specializzati e ferendone altri cinque. E su questi si concentrano le indagini della Procura di Bologna che ha nominato un team di consulenti per stabilire cause e responsabilità del disastro.
Di certo un'esplosione c'è stata, assieme al terribile incendio che ha devastato il livello meno 8, dove stavano lavorando, su una superficie di mille metri quadrati, gli uomini delle tre ditte cui l'Enel G.P. aveva affidato la messa in funzione del sistema dopo l'aggiornamento tecnologico.
C'è stato prima l'incendio, poi l'esplosione o viceversa? L'ipotesi più accreditata, che potrà essere confermata solo quando i due livelli della centrale saranno liberati dall'acqua e dalle macerie, è che la turbina sia andata in blocco. Le pale si sarebbero «inchiodate» per motivi ancora sconosciuti. Qualcuno ipotizza per una fuoriuscita di olio lubrificante, altri per un montaggio errato dei componenti. Qualcosa comunque si rompe e il forte rumore metallico, sentito da tutti i dipendenti nella centrale, lo conferma.
La turbina, però, è collegata attraverso alberi e giunti, all'alternatore. La rottura della prima avrebbe compromesso il secondo appena avviato provocando l'incendio. Le fiamme si sono propagate al livello inferiore, al meno 8, facendo collassare il pavimento, ovvero il solaio del piano meno 9 che viene completamente sommerso d'acqua. La turbina, però, non ha componenti elettrici, il suo è un funzionamento meccanico simile a quello dei vecchi mulini ad acqua. Insomma, al meno 8 non c'è alcun tipo di combustibile tale da provocare l'esplosione. E allora cos'è che, assieme all'incendio, ha provocato la deflagrazione che ha distrutto i due piani della centrale? È questo il punto nodale dell'inchiesta che dovrà valutare anche quale delle tre ditte incaricate da Enel G.P.
dell'efficientamento dei gruppi di produzione, Siemens, Abb e Vioth, affiancate da consulenti di altre tre imprese, ha provocato il disastro.«Passata l'emergenza adesso inizia la fase due - conclude Bernabei - per le operazioni di svuotamento. Stiamo lavorando per una terza linea di idrovore».
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