Sì, l'Italia potrà ricevere 209 miliardi di aiuti dall'Unione europea (circa 82 miliardi di sussidi a fondo perduto e 127 miliardi di prestiti), ma non si tratterà di un pasto gratis. L'accordo raggiunto ieri all'alba dal Consiglio europeo prevede l'introduzione di nuove tasse a livello comunitario per finanziare il bilancio europeo (1.074 miliardi nel periodo 2021-2027) e, indirettamente, anche il Recovery Fund che, a regime, si sosterrà sulle emissioni di eurobond. Dal primo gennaio 2021 è previsto il varo della plastic tax sull'uso di prodotti in plastica non riciclabile che il governo conte aveva introdotto già nell'ultima legge di Bilancio prima di spostarla all'anno prossimo causa-Covid. Paradossalmente l'Ue per affrontare l'emergenza Covid tassa i dispositivi di protezione come mascherine, guanti e paratie che lo combattono. La tassa, ancorché dal gettito stimato non elevatissimo (1,8 miliardi a regime), mette a rischio oltre 20mila posti di lavoro e non è poco.
Analogamente, la carbon tax doganale e la digital tax sui colossi del web rischiano di appesantire, da una parte, un settore industriale alle prese con la più grave crisi dal secondo dopoguerra e, dall'altro lato, inaspriscono i rapporti tra l'Unione e gli Usa, già al minimo storico. Ultimo ma non meno importante, tutte e tre le imposte si riverberano sul potere d'acquisto dei consumatori rendendo più cari alcuni beni di prima necessità (se usano plastica, se non sono prodotti in modo green o se acquistati sul web).
Né si può trascurare il peso di un'eventuale riforma fiscale, già adombrata dal programma nazionale di riforma del ministro Gualtieri, che sposti la tassazione dal lavoro ai beni e ai patrimoni (il Tesoro già pensa a una stretta sul catasto e, successivamente, a una revisione delle rendite, mentre si ipotizza un incremento della tassa di successione). Certo, queste ipotesi sono ancora sulla carta, ma basta guardare allo stesso meccanismo di elargizione degli aiuti per comprendere che una svolta in questo senso potrebbe favorire l'erogazione delle varie tranche. Il testo finale dell'accordo prevede milestones («traguardi») e targets («obiettivi») la cui assonanza con i memorandum imposti alla Grecia dalla Troika è evidente. Sarà la stessa Commissione Ue a decidere sui piani nazionali di riforma, che però dovranno essere approvati dal Consiglio Ue a maggioranza qualificata. Uno Stato membro (un esempio a caso, l'Olanda) potrà bloccare il processo nei confronti di un altro Stato (sempre a caso, l'Italia) deferendo la questione al Consiglio europeo. I tempi potrebbero allungarsi due mesi per la valutazione della Commissione, quattro settimane per la decisione del Consiglio, altri tre mesi per il Consiglio europeo. Insomma, gli aiuti arriveranno a metà 2021 a fronte di impegni precisi di investimento nel green e nel digitale e dopo un'attenta valutazione della disciplina di bilancio sulla base delle raccomandazioni della Commissione Ue.
Ora l'incremento dei prestiti all'Italia (da 92 a 127 miliardi) copre quasi interamente la cifra messa a disposizione dal Mes (37 miliardi), ma le condizionalità del Recovery Fund sono più stringenti rispetto a quelle del Fondo salva-Stati che impone la spesa in ambito sanitario
e una rendicontazione ex post e non ex ante. E non è un caso che Confindustria, pur soddisfatta dell'intesa, ritiene «di primario interesse» usare i fondi Mes visti i tagli ai programmi di spesa nel bilancio comunitario.
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