Milano Wanted. Sperando che nel frattempo il suo rigore dogmatico non lo abbia trasformato da «semplice» infervorato di Allah a vero e proprio terrorista in erba in odore di lone wolf. Parliamo di Mohamed Ben Ayari Borhane, tunisino, 43 anni compiuti la settimana scorsa e parecchi ancora da scontare in carcere (fine pena 2032), a Opera, per aver fatto parte di una banda di rapinatori e trafficanti di droga capeggiati da un italiano e autori di colpi davvero spietati (anche contro anziani) tra l'Emilia e il Piemonte, i cui bottini venivano poi reinvestiti nel traffico internazionale di grossi quantitativi di cocaina e hashish. È scappato l'altra notte intorno alle 3 dall'ospedale Fatebenefratelli dov'era stato ricoverato d'urgenza per aver ingerito delle lamette. È stato in grado infatti di eludere la sorveglianza di ben tre agenti della polizia penitenziaria che lo stavano piantonando, quindi se l'è svignata attraverso una finestra basculante per poi far perdere le proprie tracce.
Per le patrie galere Borhane non rappresenta esattamente un qualsiasi spacciatore, che resta comunque il ruolo principale che ha ricoperto all'interno dell'organizzazione criminale a cui apparteneva. E va detto che è considerato un detenuto particolare non per qualcosa fatto prima di finire in carcere, ma in seguito. Una volta in cella, come succede a diversi fedeli maomettani particolarmente provati dalla reclusione, infatti il tunisino ha manifestato un fervore religioso di chiaro stampo ortodosso, che lo ha portato sotto la lente d'ingrandimento prima dei suoi secondini e poi di conseguenza del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che per questo lo tiene «monitorato» da quattro anni. Vale a dire da quando il detenuto, arrivato a Opera nel 2013, è stato sentito invitare energicamente alla preghiera sia durante l'ora d'aria, mentre passeggiava insieme a altri detenuti di fede islamica, sia in cella.
La Digos di Milano sottolinea che su Borhane non grava nessun tipo d'inchiesta o approfondimento investigativo per testare quanto l' evidente rigore religioso e la strettissima osservanza dei dogmi maomettani dimostrati dietro le sbarre gli possano aver fatto fare il salto verso il fanatismo islamico più intransigente. Metamorfosi sulla quale gli investigatori della questura di Milano mostrano un malcelato scetticismo, considerando le speciali attenzioni prestate in carcere al tunisino come una sorta di operazione di default, visti i tempi in cui viviamo, riservata a qualunque detenuto di fede islamica dia il seppur minimo segno di radicalizzazione religiosa.
Dove potrebbe essersi nascosto? Arrestato a Ferrara, l'uomo ha moglie e figli nelle Marche e chissà che non stia cercando in qualche modo di tornarsene verso casa. A meno che, ipotesi più probabile, non sappia di poter contare su appoggi sicuri qui in città o appena fuori.
Per questa ragione, dopo l'allarme lanciato a livello nazionale da parte del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, per individuare il tunisino in fuga, a Milano, già poco dopo la sparizione del detenuto dall'ospedale, i «soliti» posti della «solita» via Padova sono stati letteralmente passati al setaccio. Il Dap ha anche diffuso la sua foto e messo a disposizione il numero 06 66529302 da chiamare in caso di avvistamenti dell'evaso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.