Non ci sono soldi per le opposizioni. Poche possibilità di fare passare proposte onerose nel decreto di aprile, in arrivo a giorni. Zero possibilità di fare passare emendamenti al decreto di marzo, il cosiddetto Cura Italia, in corso di conversione al Senato. La ragione è semplice e l'aveva fatta trapelare giorni fa il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. Le risorse (in gran parte deficit) per il primo decreto sono 25 miliardi e sono già state tutte impegnate. Impossibile aumentarle. Impossibile, per ragioni politiche interne alla maggioranza, fare alcune modifiche, la più clamorosa è il ritorno dei voucher in agricoltura. È cosi che la maggioranza ha deciso di trasformare alcuni emendamenti onerosi presentati al decreto Cura Italia in ordini del giorno. Cioè atti di indirizzo che impegnano il governo ad agire in una certa direzione. In sostanza una cambiale a valere sul prossimo decreto anti crisi, che i tecnici del ministero dell'Economia stanno mettendo a punto.
Le misure sono quelle note che circolano da giorni: il rinvio delle scadenze fiscali, il sostegno agli enti locali, la tutela del sistema sanitario, misure per agricoltura e turismo, la casa, l'estensione del bonus per professionisti e altre attività economiche, un reddito per l'emergenza per le fasce più fragili.
Oggi si terrà un altro vertice e il governo tenterà di accogliere alcune delle proposte fatte dal centrodestra. Il nodo resta quello delle risorse. All'incontro con le opposizioni ieri il ministro Gualtieri si è rifiutato di rivelare l'entità dello scostamento di bilancio che dovrà essere approvato insieme al decreto di Pasqua. Sulle risorse siamo ancora alle indiscrezioni dei giorni scorsi. Ed è chiara anche la richiesta di Forza Italia, Lega e Fdi: aiuti pubblici per 100 miliardi, inclusi i 25 già stanziati.
Buio anche sul prossimo decreto, quello che riguarda il credito alle imprese, atteso per oggi. Il governo sta cercando le risorse per varare una provvedimento sul «modello francese o tedesco», quindi garanzia al 100% su una quota di prestito.
Ipotesi poi ridimensionata dal ministro Gualtieri che ha parlato di un «intervento sulla liquidità delle imprese con altri 200 miliardi di prestiti garantiti che coprano fino al 25% del fatturato di tutte le imprese con il 90% di garanzia dello stato», spiega il ministro. Altra ipotesi sulla quale si sta lavorando è il modello svizzero, un mix di garanzie con un ruolo anche per le banche. Oppure, ha ipotizzato il viceministro all'Economia Alessio Villarosa, un sistema che distingua tra piccole e grandi imprese, concedendo a queste ultime garanzie su una quota inferiore.
Contro questa ipotesi si è di fatto schierato il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, quando ieri si è detto a favore di misure anche per le grandi imprese.
Per le Pmi si pensa a un rafforzamento del Fondo centrale di garanzia per le Pmi per «generare 100 miliardi di liquidità», ha spiegato Patuanelli.
A favore delle grandi imprese è scesa in campo la Cassa depositi e prestiti, rendendo disponibili 2 miliardi di euro di liquidità per far fronte a esigenze temporanee di liquidità.
Tra gli altri interventi indicati da Gualtieri in arrivo il «rifinanzieremo la cassa integrazione,
aumenteremo l'indennità agli autonomi, cercheremo anche di accelerare la sua riscossione, sosterremo i comuni e le regioni e lo sforzo straordinario della sanità e della protezione civile. Nessuno deve essere asciato da solo».
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