Alzheimer, boom di rette non pagate in Rsa. È la rivolta delle famiglie dopo la Cassazione

La sentenza: "I costi del malato siano a carico del Ssn". Altieri (cooperativa Proges): "Ora caos, intervenga lo Stato"

Alzheimer, boom di rette non pagate in Rsa. È la rivolta delle famiglie dopo la Cassazione
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Una pioggia di ricorsi, di famiglie che hanno smesso di pagare la retta e un sistema assistenziale che rischia di saltare. Ecco la conseguenza, potenzialmente esplosiva, della recente sentenza della Cassazione che ha stabilito che per i malati di Alzheimer in Rsa il canone deve essere interamente a carico del Sistema sanitario e non pesare sulle famiglie. Una pronuncia arrivata dopo la battaglia legale di Marco Gaito, milanese che aveva una madre in quella situazione, seguito dall'avvocato Giovanni Franchi.

Proges è la cooperativa emiliana che era controparte nella causa. Ma è anche l'ente che gestisce una quarantine di strutture socio assistenziali in molte regioni d'Italia, per un totale di 3mila posti letto. Il dg, Francesco Altieri, spiega come la sentenza abbia aperto una voragine a livello nazionale. «In circa tre settimane i ricorsi delle famiglie che non vogliono più pagare sono raddoppiati. E credo che stia succedendo anche agli altri gestori di case di riposo». Il punto è dolente, se si pensa che la popolazione invecchia sempre di più e la domanda di assistenza per i malati di Alzheimer è crescente. Si tratta di un cambiamento rilevante, che comporta carichi sanitari sempre più gravosi. Questi malati arrivano in Rsa, quando le condizioni si aggravano e richiedono risposte specializzate, con cure e figure professionali molto diverse da quelle sufficienti fino a dieci anni fa. «Noi non facciamo altro che applicare le leggi - continua Altieri -, proprio per questo rivendichiamo regole chiare». La Cassazione dichiara che in questi casi cure sanitarie e cure socioassistenziali sono inscindibili, da qui le spesa a carico dello Stato. «Tuttavia non lo dice una legge e non c'è giurisprudenza in tal senso». Così le strutture rimangono con il classico cerino in mano. Con le famiglie che tra l'altro chiedono la restituzione delle rette già corrisposte. Chi paga le Rsa? Se lo Stato non interviene, rischiano di dover ridurre i servizi, di licenziare personale o anche di chiudere. «Nel 2016 - racconta il dg di Proges - sono partite le prime cause. Quasi sempre abbiamo avuto ragione in primo grado e in Appello, ma poi la Suprema corte ha ribaltato tutto. Ha un orientamento opposto a quello fin qui consolidato». Nelle Rsa infatti le cure socioassistenziali sono di solito prevalenti e sono la fetta a carico delle famiglie. Ora arriva una svolta, il cui peso economico è enorme. Un recente studio della Bocconi dimostra che la spesa conseguente ai risarcimenti sanciti dalla Cassazione, se il principio si estende a tutti i pazienti affetti da demenza, ammonterebbe 3 miliardi di euro. «È una cifra certamente non sostenibile e si pone quindi un tema di tenuta ed equità del sistema», sottolinea l'analisi dell'Ateneo. Che cita il cosiddetto «paradosso di Birmingham», città inglese dove un risarcimento mostre ad alcune dipendenti che hanno vinto una causa per discriminazione salariale ha portato a un aumento delle tasse, a un taglio ai servizi per i cittadini e al crac delle casse comunali. Tornando alle Rsa: le associazioni di categoria hanno già scritto al ministro della Salute Orazio Schillaci.

Conclude Altieri: «Siamo davanti a un fenomeno che deve essere governato, per non compromettere un delicato equilibrio. Si rischia di ottenere l'opposto di ciò che la Cassazione vuole tutelare, cioè a cure e servizi solo per pochi. Sono poi in pericolo la fiducia e il patto di cura che abbiamo con le famiglie, cui noi teniamo molto».

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