Nastri introvabili, vittime che si defilano, messaggi oscuri, scarcerazioni generose. Strane cose accadono intorno al processo milanese a Pietro Amara, l'avvocato che con le sue rivelazioni sulla «loggia Ungheria» ha terremotato il mondo della magistratura, della politica e delle forze di polizia. La settimana scorsa a Perugia è stata archiviata l'inchiesta per associazione segreta nata dalle rivelazioni di Amara: nessuna loggia, ha scritto il giudice, solo una rete di relazioni utilizzate da Amara e da altri a fini privati. Così Amara da accusatore si è ritrovato accusato, imputato a Milano per calunnia a carico di 65 vip che indicò come confratelli di Ungheria o beneficiari delle sue trame.
Ieri davanti al giudice Guido Salvini si apre l'udienza preliminare contro Amara. A costituirsi parte civile contro l'inventore di Ungheria ci sono i legali di gente importante, dall'ex presidente della Cassazione Giovanni Canzio agli ex comandanti della Finanza Giuseppe Zafarana e Giorgio Toschi e dei carabinieri Tullio Del Sette e Giuseppe Saltalamacchia; e poi presidenti di tribunale, procuratori generali, gli ex ministri Nitto Palma e Paola Severino, indicati da Amara come «ungheristi».
Spiccano però, ed è la prima stranezza, i nomi di chi ha rinunciato ad accusare Amara pur essendone stato accusato: tra questi l'ex vicepresidente piddino del Csm Giovanni Legnini, l'ex segretario di Stato del Vaticano Pietro Parolin, Filippo Patroni Griffi, già presidente del Consiglio di Stato, tutti tirati in ballo da Amara nei suoi altalenanti verbali, in cui diceva, alludeva, correggeva.
Questo dell'incostanza di Amara è un tema del processo, e per questo il suo difensore Salvino Mondello chiede che oltre agli interrogatori vengano acquisite le registrazioni, «che devono esserci perché quando dicevamo che una frase era stata trascritta in modo impreciso ci ribattevano che tanto c'era l'audio». Ma dove siano non si sa, e questo complica le cose.
Ieri Amara non c'era, forse verrà alla prossima udienza. Dov'è? «A Spoleto, in affidamento ai servizi sociali», rivela l'avvocato. Seconda stranezza. Amara era in cella dal febbraio 2020 per una serie di condanne, sarebbe dovuto uscire a ottobre, come ha fatto a ottenere l'affidamento pur avendo continuato nel frattempo a accumulare incriminazioni per accuse gravi?
La sensazione è che il caso Amara non abbia ancora cessato di spargere effluvi sgradevoli.
Ieri in aula il legale di Sebastiano Ardita, ex Csm, anche lui indicato da Amara come aderente alla loggia, si alza e dice che l'avvocato di Amara è stato testimone di nozze di Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma. Si sapeva, ma la storia viene riportata a galla proprio ora: inoltre, aggiunge il legale, Ielo era amico della segretaria di Piercamillo Davigo, accusata di avere mandato a due giornali i verbali di Amara. E quindi?
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