Luca Steinmann
I rapporti tra la Germania e la Turchia sono, storicamente, molto intensi e complicati. Con suoi tre milioni di persone la comunità turca rappresenta la minoranza più corposa del Paese e un importante bacino elettorale per tutti gli schieramenti politici. Non è un caso che il Consiglio islamico della repubblica federale tedesca (Islamrat für die Bundesrepublik Deutschland), che è composto soprattutto da persone turche, rappresenti uno dei principali interlocutori nonché consiglieri (insieme al Consiglio centrale ebraico) del governo federale presieduto da Angela Merkel. I negoziati che sono in corso tra la cancelliera e il governo di Ankara, poi, fanno sì che attualmente la volontà di Berlino sia quella di rimuovere ogni ostacolo esistente alla cooperazione e al dialogo tra i due Stati. Come ha spiegato al Giornale il ministro tedesco alle Politiche europee Michael Roth, «in questo momento abbiamo bisogno del dialogo con Erdogan e tutti i Paesi europei dovrebbero accettarlo. Abbiamo 3 milioni di migranti pronti a salpare per l'Europa e dobbiamo riconoscere che senza di lui non abbiamo alcuna possibilità di gestire i loro spostamenti».
Il dialogo con la Turchia è dunque una priorità che serve per gestire il fenomeno migratorio e i problemi ad esso connessi che si stanno verificando sul territorio tedesco. La diplomazia germanica ha quindi assecondato, negli ultimi mesi, molte richieste del premier turco anche se in contrasto con i principi di libertà di democrazia che dice di volere promuovere.
È così che la cancelliera non ha preso le parti di Volker Schwenck, cronista della tv pubblica tedesca Ard, a cui è stato negato il visto d'ingresso in Turchia per motivi ideologici; è così che ha concesso l'autorizzazione per il processo del comico tedesco Jan Boehmermann, reo di aver letto in diretta una poesia satirica contro premier turco; è così che il corrispondente da Istanbul dello Spiegel, Hasnain Kazim, non è stato difeso dalle istituzioni quando è stato costretto a lasciare la Turchia dopo il rifiuto del rinnovo del suo accredito stampa. Il governo tedesco sta dunque mostrando di essere disposto ad accettare intromissioni da parte di quello turco nelle proprie questioni nazionali, purché si rimanga in buoni rapporti.
L'ultimo caso del genere è avvenuto a Berlino dove, per non urtare la sensibilità turca, è stato deciso di censurare un'opera teatrale come il Don Giovanni. I vertici della Komische Oper, il terzo teatro della città per ordine di importanza, hanno deciso di rimuovere una parte del pezzo teatrale nella quale tra le vittime del seduttore incallito venivano elencate anche delle ragazze turche. «In Italia seicento e quaranta, in Alemagna duecento e trentuna, cento in Francia, in Turchia novantuna» dice il fedele servitore di Don Giovanni a Donna Elvira per elencare le conquiste amorose del suo padrone. Le «turche», però, sono state eliminate, al loro posto sono state introdotte delle «persiane». La direttiva di censurare il Don Giovanni è giunta direttamente dal governo federale, che aveva chiesto di rimuovere ogni riferimento alla Turchia. Per motivi che sono strettamente politici, ma che evidentemente hanno ricadute anche nella vita culturale del Paese. I vertici del teatro, come forma di mediazione, hanno provveduto a sostituire la Persia alla Turchia, le persiane alle turche. Così a 228 anni dalla sua prima assoluta il Don Giovanni, capolavoro di Mozart, viene censurato in nome dei buoni rapporti diplomatici con la Turchia e per non urtare la sensibilità del suo presidente.
Una scelta, questa, che lascia molti dubbi circa i reali obiettivi e le vere priorità del governo tedesco: che se da una parte dialoga in nome della tutela dei migranti, dei diritti umani e del controllo delle frontiere con un Paese che scivola sempre di più verso la dittatura, dall'altro è disposta a fare concessioni sulla libertà di stampa e di espressione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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