Anche i mafiosi se la ridono sui terremotati: «È crollato un capannone? Allora si lavora là»

I mafiosi vivono e vegetano. Al nord ancor più che al sud. Perché qui sono legati a filo doppio con i colletti bianchi: gli stessi che smistano appalti e denaro. Non c'è neppure bisogno di usare la violenza, basta accordarsi. E il gioco è fatto. La riprova della svolta «imprenditorale» viene dalla maxi operazione di ieri contro la ‘ndrangheta in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia: 117 gli arresti disposti dalla magistratura di Bologna. A coordinare l'inchiesta, denominata «Aemilia», la procura distrettuale antimafia di Bologna che ha ipotizzato una sfilza di reati: associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Contestualmente, le procure di Catanzaro e Brescia - in inchieste collegate - hanno emesso altri 46 provvedimenti di fermo per gli stessi reati. Come già accaduto per il sisma dell'Aquila, anche in questo caso non mancano le risate sui terremotati. Sono in un dialogo citato nell'ordinanza del gip tra due indagati, Gaetano Blasco e Antonio Valerio: «È caduto un capannone a Mirandola», dice il primo. Valerio ridendo risponde: «Eh, allora lavoriamo là...», Blasco: «Ah sì, cominciamo facciamo il giro...». La conversazione intercettata è del 29 maggio 2012, il secondo giorno del sisma emiliano. La telefonata è delle 13.29, la scossa devastante, annota l'ordinanza, era stata alle 9.03. Blasco e Valerio sono due indagati ritenuti tra gli organizzatori dell'associazione a delinquere di stampo mafioso, contestata nell'inchiesta. I due avevano «contatti e rapporti d'affari» con la Bianchini Costruzioni, azienda coinvolta nell'indagine. La conversazione è citata quasi come simbolica in apertura di un capitolo dedicato proprio alle infiltrazioni nell'attività di ricostruzione post-terremoto.

In Emilia, sottolineano gli investigatori, la ‘ndrangheta ha assunto una nuova veste, interagendo con gli imprenditori locali. Tra gli arrestati nella maxi operazione anche il capogruppo di Fi nel consiglio comunale reggiano, Giuseppe Pagliani. I carabinieri lo hanno prelevato dalla sua abitazione di Arceto di Scandiano (Reggio Emilia).

«La lotta alla mafia in questa città e in gran parte del nord Italia è la nostra nuova Resistenza», ha detto il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi. Belle parole. Ma lui, intanto, vigili sugli appalti del suo Comune.

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