"Ansaldi sempre solo", pista suicidio

È l'ipotesi investigativa su cui si sta lavorando: sul coltello non c'erano impronte

"Ansaldi sempre solo", pista suicidio

Non ci sono impronte sull'arma del delitto. E non ci sono immagini delle telecamere di sorveglianza che mostrino un assassino in fuga. È su quello che non è stato trovato, non su ciò che è emerso, che si fonda la nuova (oltre che inaspettata) pista sul giallo del ginecologo sgozzato a Milano. Pista che ormai sembra prevalere: Stefano Ansaldi si sarebbe suicidato. Si sarebbe cioè inferto da solo la coltellata profonda e precisa alla gola che l'ha portato alla morte per dissanguamento in pochi secondi.

Le ipotesi formulate dagli inquirenti all'indomani del delitto sono state via via scartate. Prima la rapina finita male, visto che il Rolex della vittima è rimasto a terra, poi l'omicidio per questioni personali o per vendicare un torto in campo economico. Sull'arma del delitto, un «coltellaccio» da cucina trovato vicino al cadavere, non c'erano impronte digitali né altre tracce. E Ansaldi, lo si vede nelle immagini delle molte telecamere di sorveglianza che l'hanno inquadrato dall'arrivo in stazione Centrale da Napoli fino in via Macchi, indossava guanti in lattice. Una circostanza che in questo periodo deve essere sembrata normale a chi l'ha incrociato nelle sue tre ore o poco più in città. Il secondo elemento: ora che i carabinieri del Nucleo investigativo, coordinati dall'aggiunto Laura Pedio e dal pm Adriano Scudieri, hanno scandagliato tutti i filmati della zona tra la stazione e il luogo della morte, possono dire che nessuno è arrivato o fuggito dal ponteggio coperto da un telo sotto il quale è spirato il 65enne. Solo lui nei paraggi in quei minuti.

Non solo. Le due persone che hanno trovato Ansaldi alle 18 circa sono praticamente testimoni oculari. Quando si sono accorte del medico, quest'ultimo era ancora in piedi, con le mani al collo, e poi è crollato. Istantaneo quindi l'arrivo dei testi. Nonostante ciò, non hanno visto né sentito persone allontanarsi. «Siamo al lavoro per capire se è possibile trovare rifugio in qualche palazzo coperto dai ponteggi», precisano gli inquirenti sottolineando che le indagini non sono chiuse. Nemmeno l'autopsia eseguita due giorni fa toglie i dubbi. La coltellata è stata inferta da sinistra a destra. A impugnare l'arma potrebbe essere stata la vittima o una persona che l'ha colta alle spalle. Oltre alla ferita principale c'erano altri piccoli tagli: sono segni di esitazione? Poi c'è il mistero del cellulare. Si era pensato che l'assassino l'avesse preso, unico oggetto sparito oltre al portafogli che però non è detto che il medico avesse con sé, per coprire le tracce di un appuntamento finito nel sangue. Ora si scopre che il telefonino è stato spento un'ora prima della morte del ginecologo. E poi gettato via dallo stesso? «Non è venuto a Milano a caso», aggiungono gli investigatori. Il motivo di questa scelta tuttavia resta ignoto. Come il motivo del gesto estremo, se di questo si tratta. Ansaldi non avrebbe lasciato biglietti, ma i problemi economici che lo affliggevano potrebbero averlo portato alla decisione finale, «magari dopo un appuntamento andato male».

Intanto la famiglia, attraverso l'avvocato Francesco Cangiano, chiede «particolare e maggiore riserbo da parte degli organi di stampa vista la diffusione di notizie che non hanno allo stato alcun fondamento, ma che provocano ulteriore e inutile sofferenza ai figli, alla moglie e ai familiari». E confida che si trovino «i colpevoli del brutale assassinio».IL

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