Vi rigirate nel letto fino a notte inoltrata. O cercate di appisolarvi sul divano in salotto visto che c'è la tivù. Semmai frugate nel frigorifero alla ricerca di qualcosa da mangiare anche se avete già cenato e non avete appetito. Non chiamatela insonnia. Non voi che avete sempre dormito come orsi in letargo.
È un preludio dello stress da coronavirus. «Il sonno infranto è il primo segnale che il cervello ci manda quando siamo preoccupati - spiega il professor Claudio Mencacci, direttore del reparto di Psichiatria dell'Ospedale Fatebenefratelli-Sacco - L'ansia può derivare dal pensiero di ammalarsi oppure può entrare in gioco un'alterazione del ritmo sonno-veglia dovuta all'isolamento forzato».
Già, il brusco cambio di abitudini. È questione di ritmi ma anche di rituali.
«Dobbiamo fare i conti con la noia, con la solitudine, con il fastidio e con la frustrazione crescente. È importante cercare di adattarsi al nuovo senza lasciarsi sopraffare. Suggerirei di non perdere le buone abitudini e di acquisirne altre. Non stiamo vivendo un eterno fine settimana. L'orario della sveglia al mattino sia sempre lo stesso sia per chi è impegnato in un'attività lavorativa, sia per chi studia, sia per chi si ritrova con tanto tempo da gestire. Manteniamo i nostri rituali del risveglio, dalla colazione alla cura di sè».
C'è qualcosa da cui stare in guardia? «Direi di fare attenzione all'alimentazione, abbiamo visto che le grandi scorte sono state di pasta e legumi. Non eccedere nei carboidrati, ai pasti a tutte le ore, soprattutto non ricorrere agli alcolici e fare in modo che l'isolamento non coincida con la sedentarietà. Chi non ha una cyclette o un tapis roulant può dedicare qualche ora alla ginnastica».
C'è poi la necessità di informarsi continuamente. Il suggerimento del professore è quello di leggere e ascoltare la radio, piuttosto che «lasciarsi invadere» dalle immagini. «Con la lettura e l'ascolto si attivano aree cerebrali diverse, la quantità di filmati che continuamente scorrono davanti agli schermi favorisce l'aumento dell'ansia». In isolamento non si è tutti uguali. Ci sono i single costretti a fare i conti con una solitudine senza precedenti, gli anziani che non ricevono visite dai parenti e i nuclei familiari, anche numerosi, la cui convivenza serrata può scatenare anche litigi. «Il suggerimento è di dare un senso, un autentico significato a quello che stiamo vivendo. Direi di imparare a popolare il nostro isolamento pianificando le giornate. Prima ci si lamentava di non avere tempo, oggi abbiamo l'opportunità di arricchire questa condizione. Stabilire i momenti del lavoro e le pause, per l'attività fisica o per i pasti. E quello dello svago insieme: vedere un film, cucinare, dialogare.
O degli hobby accantonati: riscoprire la passione per la pittura o rispolverare uno strumento musicale. Insomma, far leva sulla nostra capacità di reagire positivamente. Tenendo presente, poi, che l'isolamento ha in questo momento un significato sociale e di benessere reciproco».
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