Appello di attori e registi mobilitati per Cecchi Gori. "Non vada in carcere"

Firmano in 56 la petizione di Pupi Avati: da Bellocchio a Tornatore, da Boldi a Verdone

Appello di attori e registi mobilitati per Cecchi Gori. "Non vada in carcere"

Se fosse ancora in vita ci sarebbe stato anche Mario Monicelli tra i firmatari dell'appello di mezzo cinema italiano a sostegno di Vittorio Cecchi Gori, recentemente arrestato, «perché - scrivono - pensiamo che si debba tenere opportunamente conto della tua età e delle tue precarie condizioni di salute». Nel 2008 il grande regista, dopo il secondo arresto di Cecchi Gori (con cui aveva realizzato nel 1994 Cari fottutissimi amici e, molto prima, con il padre Mario, L'armata Brancaleone e Brancaleone alle crociate), aveva detto: «Non entro nella sfera finanziaria di cui non conosco nulla. Ma mi sento di essere vicino al caro Vittorio come amico e sono certo che a breve potrà uscire da questo momento difficile». Ora la storia si ripete (il filone della bancarotta fraudolenta è lo stesso) e tra i promotori dell'iniziativa di solidarietà, con l'Associazione nazionale autori cinematografici, c'è Pupi Avati che è, generosamente, il primo firmatario. Di sicuro avrà dimenticato le parole non proprio gentili di Vittorio Cecchi Gori che, fumantino come lo conosciamo, nel lontano 1998, se la prese con la candidatura di «un film che non aveva visto nessuno» ovvero Il testimone dello sposo proposto dall'Italia per gli Oscar come miglior film straniero. Tra i due c'è però un'amicizia vera e profonda. La stessa che traspare fra le righe dell'appello dei più di 50 cineasti, un misto di amicizia, gratitudine e solidarietà umana: «Sia tu che tuo padre Mario siete assi portanti della storia del nostro cinema. La gran parte dei più significativi autori italiani ha lavorato per il tuo gruppo imponendosi nel mondo grazie allo straordinario operato delle tue società di produzione e distribuzione».

Una vera e propria factory, molto italiana ma anche un po' all'americana, come è stata recentemente ben raccontata nel documentario dal titolo significativo, Cecchi Gori - Una famiglia italiana, presentato alla scorsa Festa del cinema di Roma da Simone Isola e Marco Spagnoli che in queste ore stanno integrando il montaggio con le ultime vicende prima della prossima uscita al cinema.

Ecco dunque le tante firme del «variegato e conflittuale cinema italiano» che però «in questa circostanza è in piena sintonia» con Diego Abatantuono e Massimo Boldi che, grazie anche al contributo di Cecchi Gori, hanno trovato il grandissimo successo di pubblico a partire da Eccezzziunale... veramente, il film del 1982 di Carlo Vanzina in cui recitano insieme. Ma naturalmente c'è anche Carlo Verdone che già dal suo terzo lavoro, Borotalco, inizia una fortunata e lunga collaborazione di ben 12 film con i Cecchi Gori. Non poteva mancare Leonardo Pieraccioni, vera grande scoperta di Vittorio Cecchi Gori che lo fece esordire, nel 1995, con I laureati a cui seguì Il ciclone (di nome e di fatto, diciottesimo tra i maggiori incassi della storia del cinema italiano).

C'è Gabriele Salvatores che con Mediterraneo nel 1992 porta ai Cecchi Gori l'Oscar come migliore film straniero. Mentre nel 1997 con La vita è bella sono tre gli Oscar per il film prodotto da Cecchi Gori insieme allo stesso attore e regista Roberto Benigni che non risulta tra i firmatari dell'appello anche se recentemente si è visto con Vittorio Cecchi Gori con cui ha sempre mantenuto un forte legame.

Anche Giuseppe Tornatore ha voluto dimostrare la sua solidarietà per il produttore con cui ha lavorato in uno dei suoi film più atipici e interessanti, Una pura formalità del 1994, la cui genesi l'ha raccontata così qualche anno fa al Bifest di Bari: «Andai da Vittorio Cecchi Gori e gli dissi: Abbiamo un solo modo di fare un film insieme: tu decidi un budget e io faccio un film di cui non saprai il tema. E lui accettò: mi concesse 4 miliardi escluso il compenso agli attori, dicendomi più è caro meglio è».

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