È guerra tra toghe a Catania sul caso dei rifiuti pericolosi, sanitari e non, a rischio infettivo smaltiti in maniera illecita dalla Ong Medici senza frontiere operante nei porti italiani con le navi Aquarius e Vos Prudence. Se per il tribunale del Riesame di Catania «non ci fu traffico illecito di rifiuti» e, per questo, ha disposto il dissequestro di 200mila euro da due conti correnti intestati a Francesco Gianino, l'agente marittimo indagato nell'inchiesta «Borderless», secondo la procura guidata da Carmelo Zuccaro, il provvedimento del Riesame «è censurabile sotto i vari profili» e gli argomenti adottati dal Riesame sono «contraddittori e non condivisibili». La procura, dunque, è ricorsa in Cassazione.
La grave accusa mossa dalla procura alla Ong, dopo le indagini di guardia di finanza e Scico, è di avere declassificato i rifiuti, che venivano smaltiti senza i trattamenti necessari, pur nella consapevolezza della loro pericolosità. Tra essi c'erano i vestiti dei migranti e materiale sporco di sangue (garze e mascherine) «fonte di trasmissione di virus o agenti patogeni contratti durante il viaggio», da quanto emerge dai Sar Report Rescues sulle condizioni dei migranti con tubercolosi, meningite, sifilide, Aids, scabbia conclamati o sospettati. E anche i giudici del Riesame lo ammettono, scrivendo che «esiste la ritenuta potenziale infettività dei rifiuti derivanti dalle operazioni di salvataggio (vestiti e biancheria intima) che dunque avrebbero dovuto essere riferiti come rifiuti sanitari a rischio infettivo o sanitari pericolosi».
Nel ricorso si legge che «un primo dato incontestato e riconosciuto dal Tribunale è che l'attività di smaltimento illegale si è perfezionata attraverso numerose operazioni, protrattesi nel tempo. Tale protratto e continuativo smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo ha richiesto la predisposizione di appositi mezzi e attività organizzate, al fine di conseguire un ingiusto profitto». E ancora: «L'asserita semplicità delle operazioni di raccolta dei rifiuti e scarico dalla nave non avrebbe alcun rilievo al fine di valutare la sussistenza di attività organizzate. Altrettanto irrilevante, poi, deve ritenersi la circostanza per cui non vi è prova della dolosa partecipazione al delitto dei titolari delle ditte di smaltimento». Questo perché il Riesame, che mette nero su bianco che indumenti e residui di cibo si sarebbero dovuti smaltire come rifiuti sanitari a rischio infettivo o pericolosi, conclude che la «pluralità delle operazioni e l'abitualità della condotta non è però sufficiente a far ritenere integrato il reato contestato di traffico illecito di rifiuti essendo infatti necessario un quid pluris, consistente nell'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate». E parla di «attività semplici, non involgenti mezzi né organizzazione».
La procura, inoltre, ritiene «decisivo il ruolo di Gianino» che «concordava con i rappresentanti
delle Ong (sotto inchiesta, ndr) di procedere allo smaltimento indifferenziato dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, conferendoli unitamente ai rifiuti solidi urbani a una tariffa molto più vantaggiosa».
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