Ardita assolve la segretaria. "Non è lei il corvo del Csm"

Il pm sull'ex assistente di Davigo ora indagata: "Mi ringraziò con gli occhi lucidi per un dono"

Ardita assolve la segretaria. "Non è lei il corvo del Csm"

Spegne gli abbaglianti: «Non ho dichiarato guerra a nessuno». Poi però fa trapelare tutta la sua indignazione: «Se qualcuno mi attacca, io devo difendermi». E Sebastiano Ardita non ha nessuna intenzione di fare la parte dell'agnello sacrificale. Nei suoi scivolosissimi verbali, l'avvocato Piero Amara l'ha infilato nel ricco parterre della loggia Ungheria. Il problema è che quelle dichiarazioni, assai improbabili, sono diventate veleno nelle austere stanze del Csm, di cui Ardita è membro. Nino Di Matteo, icona della lotta a Cosa nostra, ci ha messo un attimo per dire al plenum di Palazzo dei Marescialli che lui considerava quelle affermazioni, arrivategli in busta anonima, «calunnie». Per Piercamillo Davigo, altra star con la toga oggi in pensione, invece quelle accuse dovevano essere subito verificate. Solo che, dettaglio imbarazzante, Davigo e Ardita erano come fratelli e insieme avevano fondato la corrente Autonomia e Indipendenza, portandola nel club dei giustizialisti. Poi i due si sono tolti il saluto, la comune militanza è diventata un ricordo sgradevole e ciascuno ha preso la sua strada. «Quando ha lasciato il Csm per limiti anagrafici - spiega ora Ardita al Giornale - io e Davigo non ci siamo congedati, ma credo che lui se ne sia andato in solitudine, senza cerimonie e discorsi di circostanza».

Ardita, una lunga carriera in Sicilia prima di arrivare a Roma, è ospite di Massimo Giletti nello studio di Non è l'arena e prova a spiegare quel che si fatica a comprendere: le amicizie in pezzi, la guerra fra le procure e il prestigio della magistratura sotto i tacchi.

«La logica della guerra - chiarisce subito - non mi appartiene», insomma saranno altri eventualmente a spiegare cosa sia accaduto fra Milano e Roma. Ardita rivendica la propria correttezza e il proprio impegno sulla prima linea della lotta ala criminalità: a Catania, la sua città, a Messina, dove è diventato procuratore aggiunto, al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il Dap, di cui è stato uno dei dirigenti più importanti dal 2002 al 2011.

Ma perché è partito l'attacco?, chiede Giletti. «Io non sono un uomo di potere - è la risposta - io e Di Matteo, il mio punto di riferimento al Csm, siamo fuori dai meccanismi delle correnti, difendiamo i magistrati meritevoli, abbiamo proposto l'elezione con il sorteggio temperato e la rotazione degli incarichi direttivi. Togliere potere a chi ne ha; ma non credo sia questa l'origine delle calunnie, forse ci sono ragioni più complesso che emergeranno dalle indagini»

Ardita sorride fra l'amaro e l'enigmatico. Ma non si tira indietro quando Giletti evoca il presunto corvo, Marcella Contrafatto, segretaria di Davigo. «Stento a credere che sia lei - afferma il magistrato - e le racconto un episodio che aiuta a capire. A Natale del 2019 lei entra nel mio ufficio con un oggetto di cristallo, una sciocchezza che le avevo regalato, e con gli occhi lucidi dice: Lei è l'unico qui al Csm che mi ha pensato. Non lo dimenticherò. No, non può essere lei la postina delle menzogne, Ardita ne è sicuro. Il mistero s'infittisce: «Ci vuole pazienza - conclude Ardita - forse le indagini ci faranno comprendere le ragioni anche complesse dietro tutta questa storia».

Ardita se ne va è in studio arriva Francesco Zambon, l'autore del report dell'Oms che smascherava

i ritardi dell'Italia sull'aggiornamento dei piani pandemici. «Ora - rivela Zambon - siamo alla censura. L'Oms chiede che dal mio libro Il pesce piccolo, appena pubblicato, sia tolto l'acronimo Oms che ricorre 268 volte».

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