Alla fine ha vinto lui, non la guerra, ma la sua battaglia personale contro l'establishment. Yevgeny Prigozhin, il capo della Wagner ha incassato il sì di Mosca sulla fornitura di armi e munizioni. Era stato critico con i vertici militari del Cremlino, minacciando persino di farsi da parte (cosa che potrebbe comunque accadere mercoledì). Alla fine il peso dei risultati ottenuti sul campo si è fatto sentire: mentre l'esercito regolare annaspa e in alcuni casi disegna ritirate strategiche, lui sta andando avanti con i suoi uomini a Bakhmut, ultimo ostacolo che separa i wagneriani dal poter scorrazzare con disinvoltura nel cuore dell'Ucraina. Prigozhin è riuscito anche a scavalcare il suo più acerrimo nemico, che non è ucraino, ma il capo di stato maggiore russo Gerasimov.
Da adesso in avanti il proprietario della Wagner avrà la possibilità di confrontarsi solo con il generale Sergej Surovikin, l'uomo che si è guadagnato la fama di comandante ai limiti della ferocia e il soprannome di Armageddon. Lui e Prigozhin hanno combattuto assieme in Siria, si stimano e sono amici di vecchia data. Surovikin era stato retrocesso al gradino di vice Gerasimov a inizio del 2023. Eppure da ottobre a dicembre era riuscito a correggere in parte gli errori dei suoi predecessori, spianando le città ucraine esattamente come quelle siriane che non intendevano sottomettersi al regime di Assad. Fatale il ripiegamento da Kherson. Manovra che ha mandato su tutte le furie quello stesso Putin che poco tempo prima l'aveva premiato con la medaglia dell'Ordine di San Giorgio. Surovikin è stato richiesto espressamente da Prigozhin, che non vuole avere nulla a che fare con Gerasimov, generale che esce sicuramente indebolito dopo l'ennesimo rimpasto alla catena di comando.
Secondo Kiev tuttavia i russi avrebbero messo in piedi un gioco delle parti per distogliere l'attenzione da problemi di campo. Lo dichiara il consigliere presidenziale Podolyak: «La cosa principale è mantenere la calma senza prestare attenzione ai loro presunti problemi interni. Ciò che conta per noi è accumulare armi e distruggere le retrovie nemiche».
Non resta a questo punto che attendere il 10 maggio per comprendere che cosa accadrà a Bakhmut. I miliziani Akhmat del ceceno Kadyrov sono pronti a raccogliere il testimone, ma le rassicurazioni ottenute da Mosca potrebbero far cambiare idea al boss della Wagner, che come al solito si è affidato a un video su Telegram per ufficializzare l'accordo con il Cremlino. «Ci hanno promesso armi e munizioni per continuare azioni in altri territori. Ci hanno detto che possiamo agire a Bakhmut come riteniamo opportuno, ma soprattutto mi è stato garantito che il nostro interlocutore sarà il generale Surovikin. Con lui prenderò tutte le decisioni importanti, in collaborazione del ministero della Difesa». Poi definisce Bakhmut «un tritacarne per macellare gli ucraini e regalare ossigeno all'esercito russo». Per il viceministro della Difesa di Kiev Gavrilov, Bakhmut è stato un «momento chiave nella preparazione alla controffensiva».
Da quelle parti la Wagner ha perso circa 8mila uomini e la situazione in campo non sorride completamente agli invasori, che avanzano a Ovest con le bombe al fosforo, ma vengono annientati dai «2S7 Pion», cannoni semoventi che colpiscono fino a 50 km. Nella regione di Zaporizhzhia gli invasori hanno evacuato 1.542 persone dalle città vicine alla linea del fronte. Bombardate in serata postazioni ucraine a Kherson, Kharkiv e Nikopol.
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