È Beppe Grillo ma sembra Nanni Moretti. E allora, alla vigilia della due giorni finale dell'assemblea costituente del M5s, il Garante sembra che dica «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?», in una citazione dell'iconica telefonata del film Ecce Bombo. Fatto sta è che il fondatore è già riuscito a oscurare la due giorni che doveva rappresentare la marcia trionfale di Giuseppe Conte verso la conquista definitiva dei Cinque Stelle. Mentre si susseguono le indiscrezioni su un suo possibile arrivo a Roma, tra i parlamentari impazza il «toto-Grillo». Prima domanda: il patriarca interverrà o meno alla kermesse che prende il via oggi? Seconda: se sì, lo farà in presenza oppure «da remoto», magari con un filmato registrato. Terza: se Grillo deciderà di parlare cosa dirà? E così, improvvisamente, Conte si ritrova costretto a inseguire mediaticamente un fondatore che non parla da giorni. Se Grillo, con tutta probabilità, soccomberà politicamente, al momento sta vincendo con il suo gioco del silenzio. Un mutismo che alimenta speculazioni e timori sulle sue mosse. Tanto che, appunto, il leader pentastellato ora deve rincorrerlo. Grillo? «Se parteciperà all'assemblea avrà il microfono», ha detto Conte. Concetto ribadito da un fedelissimo dell'ex premier, come il deputato Alfonso Colucci: «Spero che Grillo partecipi alla Costituente». Mentre, nelle viscere dei gruppi parlamentari, esorcizzano la presenza del Garante. «Non viene perché i suoi gli hanno consigliato di non venire, rischia di essere fischiato dagli attivisti», dice speranzoso un deputato pentastellato. Lo stesso Grillo che, come riportato dall'Agi, sarebbe piombato a Roma giovedì sera per poi ripartire nella mattinata di ieri. Una toccata e fuga in un albergo della zona Nord di Roma, distante dal solito palcoscenico dell'Hotel Forum, a due passi dai Fori Imperiali.
Mentre Luigi Di Maio parla di un M5s a trazione «riformista», Conte insiste ancora sul suo aut-aut. Se il Movimento decidesse di non definirsi più «progressista», «io non potrei farmi interprete di questa differente linea politica e per coerenza e serietà, mi farei da parte», dice in un'intervista al Quotidiano Nazionale, ricalcando quanto già affermato nei giorni precedenti. Ma il vero allarme, dalle parti di Conte, è quello dello spettro dell'astensione. Una campagna portata avanti da chi è vicino a Grillo, con l'obiettivo di non arrivare al quorum e così permettere al Garante di far ripetere le votazioni sullo Statuto. Anche in caso di un flop di partecipazione, si ragiona nel quartier generale, Conte potrebbe prendere atto del risultato politico e rimettere il suo mandato nelle mani della base. A quel punto, ed è lo scenario nucleare, si innescherebbe una contro-scissione dei contiani, pronti ad uscire da un M5s che ritornerebbe nelle mani di Grillo.
Dà voce a questa ipotesi Vittoria Baldino, vicecapogruppo del Movimento alla Camera, che scolpisce: «I nostri iscritti sono chiamati a una scelta di campo, laddove decidessero in modo diverso rispetto a stare nel campo progressista, come scritto nella carta dei principi e dei valori, ognuno ne trarrà le conseguenze. Io in un Movimento che non è tra i progressisti non ci sto». Tra l'astensionismo e l'incognita Grillo, l'assemblea è un punto di domanda.
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