I dati dell'Inps sulle pensioni pubbliche erogate nel 2016 non lasciano dubbi. La riforma delle pensioni dimostra che i lavoratori che maturano il diritto alla pensione diminuiscono (-22,2% i nuovi pensionati lo scorso anno) mentre l'importo dell'assegno dell'Inps resta al di sotto dei mille euro al mese. Dati che rilanciano l'importanza della pensione integrativa tramite fondi pensione e Fip (forme individuali di previdenza) che permettono di costruirsi negli anni una pensione di scorta sfruttando i vantaggi fiscali: per esempio, un lavoratore con 35 mila euro di reddito annuo, può versare fino a 5.160 euro nella pensione integrativa con una deduzione fiscale di 1.961 euro (sconto del 38%). Ecco, di seguito, tre esempi pratici.
SOTTO I 35 ANNI, LA «MOLLA» AZIONI PER VINCERE SUL LUNGO PERIODO
Un impiegato di 30 anni che lavora da 5 in una società privata e che guadagna uno stipendio di 20 mila euro potrebbe andare in pensione (alle attuali condizioni di legge) nell'agosto 2054 all'età di 67 anni e 5 mesi con 42 anni e 6 mesi di contributi complessivi versati. L'assegno pubblico della pensione, calcolato interamente con il sistema contributivo, sarà pari a 22.957 euro annui che equivalgono al 63,4% rispetto ai 36.202 euro annui della sua ultima retribuzione da lavoratore. Il gap previdenziale, cioè la differenza tra la pensione spettante e l'ultima retribuzione, ammonterebbe quindi a 13.245 euro annui. Per colmare tale gap previdenziale il lavoratore potrebbe aderire al fondo pensione di categoria conferendo il tfr annuo (il 6,91% della propria retribuzione annuale) a cui si aggiungerebbe il contributo aziendale (pari, per esempio, all'1%) e un contributo personale del 17% della propria retribuzione. Se desiderasse invece limitarsi ad ottenere l'80% dell'ultima retribuzione (28.962 euro annui), allora il gap da colmare si ridurrebbe a 6.005 euro annui di rendita: in questo caso, oltre al conferimento del tfr e alla contribuzione del datore di lavoro, il lavoratore dovrebbe versare al fondo pensione il 4% della propria retribuzione annua. I risultati citati si riferiscono ad un investimento con una linea prevalentemente azionaria al fine di sfruttare, in un periodo di tempo tanto lungo (37 anni), le maggiori potenzialità del mercato azionario rispetto a quello obbligazionario. Se invece si optasse per ragioni di prudenza per una linea a reddito (ovvero prevalentemente obbligazionaria e con una quota in azioni mediamente tra il 15% e il 30%), a parità di condizioni, per ottenere una rendita annua di 6.005 euro sarebbe necessario effettuare versamenti annui pari al 6,5% della propria retribuzione annua.
A 45 ANNI IL 23% DELLO STIPENDIO PER COLMARE IL GAP PREVIDENZIALE
Passiamo ora a una avvocatessa di 45 anni che da 20 anni svolge l'attività professionale per la quale ha versato regolarmente i contributi e che attualmente guadagna 30 mila euro all'anno. Se le norme sulle pensioni non dovessero cambiare, avrà diritto a percepire l'assegno statale nell'ottobre 2037, all'età di 65 anni e un mese, quando avrà versato contributi complessivi per 40 anni e otto mesi. L'entità dell'importo della pensione, calcolato con il sistema misto (retributivo e contributivo), dovrebbe ammontare a 22.738 euro, pari al 64,7% dell'ultima retribuzione che dovrebbe essere di 35.152 euro. Se la professionista volesse portare la copertura all'80% (ovvero a 28.122 euro), il gap previdenziale da colmare ammonterebbe a 5.384 euro. Per colmarlo sarebbe necessario un versamento pari al 23% circa della sua retribuzione annuale. Per colmare invece il gap per arrivare ad una pensione pari al 70% dell'ultima retribuzione (pari ad una rendita annuale di 1.868, che porterebbe quindi l'assegno pensionistico a 24.606 euro) occorrerebbero invece versamenti contributivi a un fondo pensione pari all'8,4% della retribuzione dell'avvocatessa. Anche in questo esempio, la scelta della linea farebbe una differenza importante. I numeri che abbiamo visto (validi per una linea prevalentemente azionaria) diventerebbero più onerosi per una linea più prudente. Per ricavare una rendita da 1.868 euro annui con un fondo pensione linea rendita, l'avvocatessa dovrebbe versare un contributo annuo di quasi il 10% della propria retribuzione
A 55 ANNI SI DEVE PUNTARE IL 9% DEL REDDITO, MA SERVE «PRUDENZA»
Infine abbiamo un geometra nato nel 1961 che guadagna 28.600 euro l'anno ed ha già versato 30 anni di contributi all'Inps. Avrà diritto ad andare in pensione nel marzo 2027, all'età di 65 anni e 5 mesi con un assegno Inps di 22.300 euro pari al 74% dell'ultima retribuzione (30.200 euro). Se desiderasse arrivare all'80% dell'ultimo stipendio (24.
160 euro annui) dovrà versare il 9% circa della sua retribuzione in una linea di rendita del fondo pensione: per ottenere la stessa rendita con una linea prevalentemente azionaria del fondo pensione sarebbe sufficiente versare il 7% della sua retribuzione, ma esporrebbe troppo la pensione di scorta agli andamenti imprevedibili delle Borse.
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