«Prima il premier smette di fare annunci e meglio è: gli imprenditori che sono fermi da mesi ci contano e poi dopo si scopre che l'edilizia non parte, gli acconciatori e gli estetisti devono rimanere fermi e ora sono imbufaliti». Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, parla senza peli sulla lingua della crisi che rischia di attanagliare le piccole imprese della cura della persona, a partire dai parrucchieri. Secondo l'associazione, la riapertura a giugno, si tradurrebbe in una perdita di oltre un miliardo di euro per coiffeur & C., pari al 18,1% del fatturato annuo mettendo a rischio il lavoro di 49mila addetti del settore. Ma sono tutte le pmi a soffrire e, in base alle stime di Confartigianato, il Covid-19 potrebbe portare via fino a 197 miliardi di ricavi.
«Nel 2014 con la manifestazione a Piazza del Popolo abbiamo fermato i forconi, ora non fermo più nulla», aggiunge Merletti ricordando che «acconciatori ed estetisti hanno inviato un documento al ministro dello Sviluppo avanzando proposte sensate come ridurre gli orari di apertura, rispettare rigorosamente le distanze, esercitare solo su appuntamento, ma non hanno avuto risposte». Per l'edilizia è lo stesso. «Se si ascoltano solo Fca e le altre grandi imprese - rimarca - non cambierà mai nulla, nessuno ricorda che le piccole imprese da 1 a 49 dipendenti sono il 99,4% del totale e danno impiego al 67% della forza lavoro del Paese».
Merletti è ovviamente molto critico pure con il dl liquidità. «Le banche hanno bisogno delle garanzie? E a gli azionisti delle banche venete e delle quattro liquidate nel 2015 che garanzie hanno avuto? Con il nostro fondo bilaterale abbiamo anticipato la cassa integrazione sia a marzo che ad aprile senza caricare oneri bancari sui lavoratori. Ora, se uno ha un fido in itinere, difficilmente avrà finanziamenti garantiti. Il presidente dell'Abi Patuelli dovrebbe tacere: non ci danno i soldi come se fossimo insolventi, ma gli insolventi non siamo noi, ma i loro amici alla De Benedetti».
Ecco perché servono risorse a fondo perduto «per consentire a chi ha avuto un danno di poter ripartire: il mio parrucchiere è fermo da tre mesi, ha famiglia, ma come fa? Con il reddito di cittadinanza? Serve il lavoro, non il reddito di cittadinanza perché il reddito non è un diritto, ma se il ministro del Lavoro pensa a chi lavora in nero, si comprende bene in che tipo di Paese viviamo».
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