«Assalto» alle edicole in nome di Charlie

Tre milioni di copie esaurite in pochi minuti. E oggi esce in Italia il libro-scandalo sulla Francia islamizzata

«Assalto» alle edicole in nome di Charlie

Ci siamo maledettamente «incartati». Ed è significativo che la «carta» con cui ciò è accaduto sia proprio quella dell'ultimo numero di Charlie Hebdo .

In Francia tre milioni di copie «bruciate» (nel senso di vendute) fin dale prime ore del mattino. Esattamente in quelle stesse ore in cui le edicole parigine venivano prese d'assalto, la polizia transalpina bussava alla porta del comico di origine camerunense, Dieudonné, per arrestarlo. Una schizofrenia che è un calcio alla coerenza e un'esaltazione dell'ipocrisia. Mentre infatti milioni di persone, diligentemente in coda davanti ai giornalai, onoravano la libertà di satira dei vignettisti trucidati dai fratelli Kouachi, il vignettista musulmano Dieudonnè veniva ammanettato con l'accusa di «istigazione al terrorismo». La sua colpa? Aver scritto su Facebook : «Je suis Coulibaly». Roba sgradevole, certo. Ma non meno di quella scritta in passato dagli ora celebratissimi eroi di Charlie Hebdo . Che da «liberali» quali essi si professano non potrebbero che condannare l'arresto di Deudonnè. Peccato che, almeno finora, la condanna non sia arrivata.

Intanto il numero 1178 di ieri esaurito in edicola nel giro di un baleno, oggi torna in edicola con altre 5 milioni di copie per andare incontro all'enorme afflusso di richieste. Un sold out che ha riguardato anche l'Italia, dove 260mila copie del settimanale nel mirino di ISIS e Al Qaida sono state distribuite con Il Fatto Quotidiano che per oggi ne ha ristampate altre 200mila. Il quotidiano diretto da Antonio Padellaro è soddisfatto dell'operazione: «È andato tutto sopra le aspettative. Abbiamo distribuito il triplo rispetto alle meno di 100 mila copie usuali e sono andate a ruba. Devolveremo parte del ricavato alle famiglie dei giornalisti uccisi nell'attentato».

Caffè, cornetto e Charlie . I primi due un'abitudine, il secondo uno status symbol. Da esibire, più che da leggere. Chi ieri non aveva sotto braccio Charlie era out , mostralo - anzi, ostentarlo - era invece molto in . Una moda. Una sindrome. Una caccia al tesoro. Non a caso il Charlie esaurito ieri mattina, dopo poco era già materiale da «collezione» in vendita su e-Bay. Un boom geograficamente trasversale. In Francia, in Italia, ma anche in tanti altri paesi del mondo, dove questa attesa spasmodica per la ristampa di Charlie ha ricordato un po' le snervanti code per accaparrarsi l'ultimo modello di iPad. E chissà se la stessa sorte toccherà anche per «l'ultima fatica letteraria» (in editorialese si dice sempre così...) dello scrittore francese Michel Houellebecq che ha lasciato Parigi, protetto dalla polizia: il giorno del massacro alla redazione, il 7 gennaio, era uscito in Francia il suo ultimo romanzo Sottomissione (Bompiani), da oggi nelle librerie italiane.

Intanto ieri a Milano è andato in scena un inedito derby satirico, però con forze in campo decisamente sproporzionate. Una squadra di professionisti di serie A (quella di Charlie Hebdo ) contro una squadretta di giovani dilettanti musulmani che in via Padova (la strada più «maomettana» della città) ha volantinato - non senza qualche patema d'animo - le proprie vignette islamically scorrect . Un po' come schierare Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar contro una difesa di calciatori esordienti. La formazione si chiama, provocatoriamente, Charl-ISIS e il suo obiettivo è sensibilizzare i musulmani all'uso di armi pacificamente micidiali come la risata, lo sberleffo, l'ironia, il sarcasmo che sanno bucare corpo e anima più dei vili proiettili di un kalashnikov. Imparare a ridere dell'occidente «infedele», ma anche un po' di se stessi. Rigettando ogni forma di fanatismo e violenza.

La redazione è al momento composta da ragazzi tutti di fede musulmana, poco più che ventenni, regolarmente nel nostro Paese dove studiano o lavorano. Cultori di un ridicolo che non fa sconti a nessuna religione e a nessun schieramento politico. Insomma, l'esatto opposto dei vignettisti, professionisti della strip ideologizzata.

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