Ciclone Ilva. Arrivano le sentenze al termine del processo Ambiente Svenduto, e a oltre dieci anni dai fatti contestati, e nove anni dopo l'inizio delle indagini, per l'inquinamento prodotto dall'acciaieria tarantina la Corte d'Assise di Taranto condanna gli ex numeri uno dell'Ilva Fabio e Nicola Riva a 22 e 20 anni di reclusione, mentre l'ex governatore pugliese Nichi Vendola viene condannato a 3 anni e mezzo per concussione aggravata in concorso, e tre anni vengono inflitti anche all'ex presidente della provincia di Taranto in quota Pd Giovanni Florido. Condanne pesanti anche per l'ex responsabile delle relazioni esterne dell'Ilva, Girolamo Archinà 21 anni e 6 mesi e per l'ex direttore dell'impianto siderurgico pugliese, Luigi Capogrosso (21 anni). Anche l'ex consulente della procura Lorenzo Liberti, che per l'accusa avrebbe «ammorbidito» le sue posizioni sul colosso dell'acciaio, incassando anche 10mila euro proprio da Archinà durante un incontro in un autogrill, e impedendo così uno stop alle attività inquinanti dell'impianto tarantino, si ritrova sulle spalle una condanna a 17 anni e mezzo. Quattro anni di carcere, invece, quelli comminati ad Adolfo Buffo, già direttore dello stabilimento Tarantino e oggi Dg di Acciaierie d'Italia, ossia la società che controlla l'Ilva per conto di ArcelorMittal e Invitalia.
Si chiude così il primo capitolo di una vicenda giudiziaria partita nel 2012 quando la procura di Taranto sequestrò l'area a caldo dell'impianto Ilva di Taranto e avviò l'indagine per disastro ambientale. Fabio e Nicola Riva, i due rampolli di Emilio Riva, presidente del Gruppo fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2014, e arrestato pure lui col figlio Nicola a luglio 2012 nell'ambito dell'inchiesta, si vedono inflitte condanne durissime, anche se inferiori a quelle richieste dal pm (28 per Fabio, 25 per Nicola), nonostante l'assoluzione incassata due anni fa a Milano per l'ipotesi di bancarotta fraudolenta per Ilva, con una sentenza che attribuiva proprio al commissariamento la responsabilità per il mancato rilancio e per l'adeguamento alle normative ambientali da parte del Gruppo Riva, che era ormai stato esautorato dall'amministrazione dell'impianto.
Per la Corte d'Assise tarantina sono invece colpevoli di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Una bella botta per i vertici di un gruppo che ancora oggi è a capo di 21 acciaierie, cinque nel Nord Italia e le altre sparse tra Germania, Francia, Belgio, Spagna e Canada. Anche per Fabio, dopo gli arresti del fratello e del padre a luglio, nel 2012 il gip di Taranto Patrizia Todisco chiese l'arresto, avvenuto solo due anni e mezzo di battaglia legale quando il manager, che si trovava a Londra, venne estradato e arrestato all'arrivo a Fiumicino nel maggio del 2015.
Sul fronte politico, come detto, fa rumore la condanna per Nichi Vendola, governatore e protagonista della cosiddetta «primavera pugliese». Per i giudici togati e popolari, insomma, Nichi è colpevole di aver pressato l'ex direttore generale dell'Arpa Puglia, Giorgio Assennato, minacciandolo di non rinnovargli l'incarico che era in scadenza se non avesse ammorbidito la posizione dell'agenzia ambientale nei confronti dell'Ilva. L'ex presidente della Regione non ci sta, e subito dopo la sentenza parte al contrattacco di una sentenza definita «mostruosità giuridica»: Mi ribello ha dettato ieri alle agenzie - a una giustizia che calpesta la verità. È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l'ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all'avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l'ennesima prova di una giustizia profondamente malata».
Lo stesso Assennato, che peraltro aveva rinunciato alla prescrizione, non è stato premiato dal beau geste e si è beccato una condanna a due anni per favoreggiamento proprio di Nichi Vendola, perché avrebbe negato le pressioni subite dall'allora governatore. L'altro politico condannato, come detto, è l'ex presidente della provincia di Taranto, Gianni Florido, che si dimise dopo l'arresto a maggio 2013 per concussione, poiché avrebbe spianato all'Ilva la possibilità di utilizzare una discarica per rifiuti speciali.
Quanto all'ex consulente della procura Liberti, infine, la corte d'Assise ha accolto con la condanna il teorema del pm Mariano Buccoliero, che ha definito il suo lavoro per conto degli uffici giudiziari come «condizionato e concordato con Ilva», ovviamente a favore del colosso dell'acciaio.
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