Quanto potrà durare la resistenza dell'Ucraina? È verosimile che le strapotenti forze militari russe prevalgano in tempi più o meno brevi, ma è altrettanto probabile che, una volta conquistato un Paese che ha oltre 40 milioni di abitanti ed è vasto due volte l'Italia, vi si impantanino per anni in una specie di Afghanistan europeo. Anche a questa prospettiva di resistenza basata sulla guerriglia e il sabotaggio dell'occupazione, probabilmente, si riferisce il presidente francese Emmanuel Macron quando avverte che occorre prepararsi a un conflitto di lunga durata in Ucraina.
Ciò detto, la questione può e deve essere vista anche dal lato opposto: quanto potrà durare l'attacco russo? Dal punto di vista militare, le cose non stanno andando come Putin si aspettava, tanto che ieri ha gettato sul campo altre decine di migliaia di uomini: le forze ucraine resistono, Kiev e le altre grandi città del Paese sotto attacco non cadono e il morale di quel popolo che il leader russo pretende addirittura che non esista cresce: tanta gente comune si arruola, prende il fucile e va a difendere la propria libertà. Sta dunque accadendo anche se nessuno sa quanto potrà durare un imprevisto. Uno dei tanti di questa bruttissima pagina di storia incominciata con il più folle di tutti, l'invasione ordinata da Putin di un pacifico Paese europeo. A questo punto, nessun imprevisto sembra più impossibile, nemmeno il più apparentemente inverosimile: e se a Putin finisse male? Se la guerra che ha scatenato si trasformasse in un gigantesco boomerang proprio contro di lui?
Vediamo perché questa ipotesi può rivelarsi fondata. Punto primo: gli ucraini non sono i bielorussi, che pure nel 2020 provarono a ribellarsi a una dittatura post sovietica occupando le piazze ma finirono schiacciati da un apparato statale repressivo che aveva in mano tutti gli assi: armi, strutture organizzative, appoggio russo. In Ucraina è diverso, è un Paese con un governo filoccidentale liberamente eletto, con un esercito valido e soprattutto un popolo motivato a difendersi. Putin non capisce che è proprio il suo aggressivo nazionalismo panrusso a cementare l'opinione pubblica ucraina in un sentimento anti-Cremlino che è ormai generale. Sconfiggere un Paese siffatto, e non parliamo di occuparlo militarmente nel lungo termine, chiederà enormi costi sotto il profilo delle risorse da investirci e delle vite umane da perderci giorno dopo giorno in attentati e guerriglia, come avvenne agli americani nell'Iraq occupato.
Punto secondo: esiste un fronte interno russo, che ha più facce. Una è quella popolare, mostratasi coraggiosamente in questi giorni nelle piazze di tutta la Russia per dire no alla guerra di Putin: questa guerra darà nuova motivazione a una gioventù urbana stanca del vecchio autocrate, perfino la figlia del portavoce del Cremlino Peshkov si è unita alle proteste. Una seconda riguarda il mondo intellettuale, giornalisti, artisti, sportivi russi che si ribellano e intaccano l'immagine di finta unità nazionale. La terza è la più temuta da Putin: sono i suoi stessi beneficati, quegli oligarchi che si sono arricchiti grazie a lui e che ora temono di perdere tutto se la Russia finisse spalle al muro a causa delle sanzioni.
Se l'invasione s'impantanerà e se il fronte interno si complicherà, sarà l'ora del punto terzo: un Putin in difficoltà potrebbe anche scegliere di giocarsi il tutto per tutto e trascinare la Russia in una guerra non più fredda con l'Occidente.
A quel punto si aprirebbe l'incubo di una tragedia europea, l'imprevisto più orribile come nel 1914 dopo Sarajevo. A meno che qualche colonnello od oligarca russo non decida che il rischio è troppo alto: e come nel 1944 si tentò di uccidere Hitler, lo stesso potrà esser fatto con Putin.
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