Attacco alla portavoce del governo, la pista dei militanti "Insoumise"

Arrestati quattro dei 20 partecipanti. Gli indizi contro un gruppo vicino al partito di Mélenchon, già accusato di antisemitismo

Attacco alla portavoce del governo, la pista dei militanti "Insoumise"
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È sera nella parte occidentale di Parigi. La speaker del governo è impegnata nelle ultime ore di campagna elettorale, quando la sua squadra viene aggredita da un gruppo di persone, circa venti, secondo quanto riportato da alcuni testimoni oculari. Non gradiscono i manifesti affissi a Meudon nell'Hauts-de-Seine. Lì Prisca Thévenot si candida alla rielezione nell'ottava circoscrizione elettorale.

I bruti brandiscono un monopattino e lo scagliano contro i loro obiettivi: Thevenot non resta ferita, ma i membri della sua squadra finiscono al pronto soccorso con la mascella rotta, mentre la sua vice Virginie Lanlo è colpita a un braccio. Entrambi sono ricoverati al nosocomio Percy di Clamart. La maggior parte degli aggressori riesce a fuggire, mentre arriva la polizia che ne arresta quattro.

L'esponente del governo resta scioccata, e denuncia i fatti alla stazione di polizia di Meudon. «Tutto è successo molto, molto rapidamente», ha spiegato. Subito scatta la solidarietà bipartisan dal premier Attal a Bardella, che «ha espresso il suo pieno sostegno» al portavoce del governo e ha chiesto a tutti i leader politici di invocare «calma e pacificazione».

Chi ha aggredito Prisca? Anarchici, rivoluzionari, appartenenti a gruppi che si dice siano vicini a France Insoumise, con l'episodio che si mescola a fatti di antisemitismo accaduti in Francia negli ultimi cinque anni, quadruplicati in soli 12 mesi dallo scoppio della guerra a Gaza. L'aggressione contro la speaker del governo ha fatto rumore per la posizione pubblica della vittima, ma la comparsa di stelle a cinque punte, di atteggiamenti vessatori o di rapine contro studenti e cittadini ebrei è ormai in Francia un fenomeno certificato (e sottovalutato). Aderenti a centri sociali, fiancheggiatori più o meno ufficiali di Hamas, difensori a spada tratta non solo della causa palestinese ma istigatori seriali all'odio per Israele foraggiati spesso dalla longa manus di Teheran: nella Francia di Emmanuel Macron c'è questo e tanto altro, mescolato al disagio giovanile, alle banlieue diventate hub logistico per gruppi armati, spacciatori e rapper anti tutto, alla rabbia di chi, nascosto tra moschee e centri culturali, cova sentimenti che sembravano morti e defunti in Europa. E che invece stanno tornando pericolosamente a galla. A novembre nella sola area parigina sono stati segnalati 257 casi di antisemitismo e 90 arresti.

Anche per questa ragione i partiti dell'alleanza Nouveau Front Populaire hanno firmato un appello pro-Israele per inviare un segnale positivo agli elettori confusi. Confusi da certi messaggi del leader Jean-Luc Mélenchon. Perché la campagna elettorale del 2024 appare così avvelenata dalle accuse di antisemitismo contro l'estrema sinistra?

Socialisti, verdi e comunisti temono che France Insoumise si riveli una palla al piede per via di dichiarazioni ufficiali del suo leader, non di supposizioni. Un mese fa Mélenchon ha scritto sul suo blog che «l'antisemitismo rimane residuo in Francia e in ogni caso è del tutto assente dalle riunioni popolari», minimizzando l'attacco contro Israele del 7 ottobre.

Diverse istituzioni ebraiche hanno sollevato dubbi sulle candidature unitarie di sinistra alle elezioni legislative, definendole un «accordo vergognoso» con il controverso partito La France Insoumise, che

accusano di fomentare l'antisemitismo. Secondo un recente sondaggio effettuato da IFOP per Le Point, il 92% degli ebrei francesi ritiene che France Insoumise sia il principale partito che promuove l'antisemitismo nel Paese.

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